Discorso di M. T. CICERONE al popolo sui poteri di Gneo Pompeo 


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Traduzione

1. La vostra assidua presenza senza dubbio è sempre stata per me motivo di grandissima gioia, e d'altra parte nessun luogo mi è sembrato più di questo splendido per trattare i problemi dello Stato, più di questo adattissimo per pronunciare discorsi. Tuttavia, o Quiriti, a tenermi finora lontano da un tale luogo, che apre la strada alla gloria e che si è sempre spalancato a tutti i migliori, non è stata la mia volontà, ma la norma di vita da me seguita fin dall'inizio della mia età di uomo. In passato, poiché non osavo ancora avvicinarmi a questo luogo autorevole, ed ero convinto che non bisognasse portare qui se non quanto fosse frutto di un'elevata intelligenza e di una sapiente preparazione, ho ritenuto opportuno dedicare tutto il mio tempo agli interessi degli amici.

2. Pertanto questo luogo non è mai rimasto privo di difensori del vostro prestigio, ed i miei sforzi, tesi a difendere con disinteresse ed integrità i privati cittadini nei loro momenti di pericolo, hanno raggiunto, grazie alle vostre sentenze, la più bella ricompensa; infatti, quando a causa del rinvio del comizi fui nominato tre volte pretore, io per primo da parte di tutte le centurie, compresi con facilità, o Quiriti, ciò che voi pensavate di me e ciò che eravate soliti indicare agli altri come esempio. Ora, grazie al fatto che sono in possesso sia dell'autorità che voi mi avete conferito affidandomi la carica, sia della capacità di trattare gli affari dello Stato, quella che può essere raggiunta da un uomo attivo in virtù dell'esercizio quasi giornaliero dell'eloquenza giudiziaria, siatene certi, se ho un po' di questa autorità, me ne servirò in favore di quelli che me l'hanno conferita, e se ho una qualche capacità nell'eloquenza, ne darò la dimostrazione soprattutto a quanti hanno ritenuto di dovermi ricompensare con il loro appoggio, anche per questi miei meriti.

3. In primo luogo ritengo di avere il diritto di rallegrarmi, perché in questa occasione, inconsueta per me, di parlare a questa tribuna, mi è stato offerto un argomento tale, che su di esso a nessuno potrebbero venir meno le parole. Io mi propongo di parlare delle particolari e straordinarie qualità di Gneo Pompeo, ed è più difficile concludere che iniziare un simile discorso; devo perciò preoccuparmi non tanto di essere prolisso, quanto di essere stringato.

4. E' opportuno che il mio discorso prenda l'avvio dall'origine di tutta la questione: due regnanti potentissimi, Mitridate e Tigrane, conducono una guerra di grande portata e rischiosa contro i vostri tributari ed i vostri alleati; entrambi, l'uno quasi ignorato, l'altro provocato, ritengono che sia stata loro offerta l'occasione di impadronirsi dell'Asia. Ogni giorno pervengono lettere dall'Asia ai cavalieri romani, persone rispettabilissime, che hanno impegnato ingenti capitali nell'appalto dei tributi statali. Essi, in virtù dei legami che mi uniscono al loro ordine, mi hanno affidato gli interessi dello Stato e delle loro fortune in pericolo.

5. In quelle lettere si dice che sono stati dati alle fiamme parecchi villaggi della Bitinia, attualmente provincia romana; che il regno di Ariobarzane, confinante con i territori a voi tributari, è interamente in potere dei nemici; che Lucio Lucullo, dopo aver compiuto grandi imprese, lascia il comando delle operazioni, ed il suo successore non è sufficientemente preparato a dirigere una simile guerra; che tutti gli alleati ed i cittadini richiedono insistentemente un solo uomo al comando dell'impresa, e questo uomo, e soltanto lui, è temuto dai nemici.

6. Rendetevi conto in quali termini si presenta la situazione; riflettete bene circa la decisione da prendere. Io ritengo che in primo luogo occorra parlare del tipo di guerra, quindi della sua importanza, e poi del comandante da scegliere. La natura della guerra è tale da stimolare ed infiammare necessariamente i vostri animi a intraprenderla con passione; in essa sono in gioco la gloria del popolo romano, quella che i vostri antenati vi hanno affidato, grande in ogni campo, ma grandissima nelle attività militari; si aggiunga la sicurezza degli alleati e degli amici, in difesa dei quali i vostri antenati sostennero guerre impegnative e faticose; inoltre, si aggiungano le entrate più certesi e più cospicue del popolo romano, la cui perdita vi porterebbe a cercare nuove risorse in periodo di pace e nuove fonti di sostegno in guerra; infine, si aggiunga che sono in ballo le sostanze di molti cittadini, di cui dovete preoccuparvi, sia nel loro interesse come nell'interesse dello stesso Stato.

7. Dal momento che voi avete sempre desiderato la gloria e ambito agli elogi, soprattutto da parte degli altri popoli, dovete cancellare la macchia procurata dalla prima guerra contro Mitridate, un'onta che ha lasciato una traccia profonda e fin troppo duratura sul nome del popolo romano: infatti colui che in un solo giorno, in tante città dell'intera Asia, con un unico annuncio ed un unico segnale procurò la morte ed il massacro di tutti i cittadini romani, non solo non ha subito sino ad oggi pene adeguate al suo crimine, ma da allora sono ventidue anni che regna, e per di più regna in modo tale da non desiderare di nascondersi nei recessi del Ponto e della Cappadocia, ma anzi di uscir fuori dal regno paterno e spingersi nei territori a voi tributari, cioè in una vasta area dell'Asia.

8. E finora i nostri generali hanno lottato con quel re in modo da riportare dalla guerra contro di lui i trofei tipici della vittoria, ma non una vittoria reale. Su Mitridate hanno trionfato Lucio Silla e Lucio Murena, entrambi uomini valorosissimi e generali molto apprezzati, ma essi hanno trionfato in maniera tale che Mitridate, pur scacciato e vinto, ha continuato a regnare. Occorre tuttavia lodare quei generali per ciò che hanno fatto, scusarli per aver lasciato il loro incarico, considerato che Silla fu richiamato in Italia dalla situazione politica, Murena da Silla.

9. Mitridate, da parte sua, ha dedicato tutto il tempo lasciato a sua disposizione, non a dimenticare la guerra passata ma a prepararne una nuova. Egli, dopo aver costruito ed allestito potentissime flotte ed eserciti molto numerosi, prendendo i soldati da tutti i popoli possibili, ed aver finto di portare guerra agli abitanti del Bosforo, suoi vicini, inviò ambasciatori e lettere in Spagna ai generali che noi in quella regione stavamo combattendo;  mentre i due eserciti nemici conducevano di comune accordo la guerra per terra e per mare in due luoghi distantissimi e del tutto diversi, era suo intento quello di costringervi a combattere per l'impero romano impegnati su due fronti.

10. Ciò nonostante Gneo Pompeo, con la sua divina saggezza ed il suo straordinario valore, allontanò il pericolo proveniente da parte di Sertorio e della Spagna, dove i nemici avevano sostegno e forze molto maggiori; nei confronti dell'altra parte, Lucio Lucullo, uomo di grandi risorse, si comportò in modo tale, che l'inizio favorevole e brillante della sua campagna sembra si debba attribuire non alla fortuna, ma al suo valore, e al contrario, gli avvenimenti recenti non a suoi errori, ma alla sfortuna. Ma parlerò di Lucullo in un altro momento, e ne parlerò in maniera tale, o Quiriti, che le mie parole non diano l'impressione di  sottrargli la gloria che gli spetta o attribuirgli meriti inesistenti.

11. Per quanto riguarda la rispettabilità e la gloria del vostro impero, dal momento che da quel punto è iniziato il mio discorso, valutate bene quale sia l'atteggiamento più opportuno da assumere. I nostri antenati hanno sempre combattuto in difesa dei mercanti e degli armatori romani, per certi aspetti offesi: quale atteggiamento dovreste tenere voi, dal momento che, con un unico ordine e nello stesso giorno, sono state trucidate tante migliaia di cittadini romani ? I vostri padri vollero l'estinzione di Corinto, luce di tutta la Grecia, per il solo fatto che gli ambasciatori erano stati trattati con parole altezzose; voi invece tollererete che resti impunito il re che fece uccidere un ambasciatore del popolo romano, un proconsole, dopo averlo messo in catene e sottoposto a varie torture? I vostri padri non tollerarono che fosse intaccata la libertà dei cittadini romani, e voi invece non vi preoccuperete che venga tolta loro la vita? Essi punirono la semplice violazione verbale del diritto delle ambascerie, e voi non vendicherete un ambasciatore sottoposto ad ogni genere di torture?

12. Se è stato magnifico per i vostri padri affidarvi un impero tanto ricco di gloria, badate bene che non sia per voi motivo di grandissima vergogna il non poter difendere e mantenere quanto avete ricevuto in eredità da loro. E quale deve essere il vostro atteggiamento riguardo al fatto che la sicurezza degli alleati sta correndo un rischio grandissimo? E' stato cacciato dal suo regno Ariobarzane, fedele alleato del popolo romano; stanno minacciando l'Asia intera due re, acerrimi nemici non solo di voi Romani, ma anche dei vostri alleati e dei vostri amici. Tutte le città dell'Asia e della Grecia sono costrette dalla estensione del pericolo ad attendere il vostro aiuto; ma esse non osano richiedervi il generale da loro preferito, specialmente perché voi ne avete inviato un altro, e pensano di non poter far ciò senza esporsi ad un grandissimo rischio.

13. Queste città vedono e comprendono, al pari di voi, che esiste un solo uomo in possesso di tutte le migliori qualità, ed egli è nelle loro vicinanze, la qual cosa accresce il loro rincrescimento per essere prive del suo sostegno; esse capiscono che il suo solo arrivo e la fama del suo nome, per quanto egli fosse giunto esclusivamente per la guerra marittima, valsero a frenare e ritardare gli attacchi nemici. Gli alleati vi pregano in silenzio, visto che non è consentito parlare liberamente, affinché riteniate anch'essi degni, come gli alleati delle altre province, di essere protetti da un uomo di tale statura; lo chiedono tanto più insistentemente, in quanto nelle altre province mandiamo con le insegne del comando uomini di tal genere che, pur difendendole dal nemico, fanno tuttavia sembrare il loro ingresso nelle città alleate non molto diverso da un'irruzione di nemici. Essi sentivano dire in precedenza, ed ora possono constatarlo di persona, che in Pompeo c'è tanto buonsenso, tanta benevolenza, tanta umanità, da far sembrare come i più felici quei cittadini presso cui egli rimase più a lungo.

14. Se quindi i nostri antenati senza essere stati direttamente provocati da alcuna offesa, ma solo in nome delle alleanze combatterono con Antioco, con Filippo, con gli Etoli, con i Cartaginesi, con quale maggiore accanimento è bene che voi, offesi e provocati, difendiate nello stesso tempo l'integrità degli alleati ed il nome del vostro impero, specialmente perché sono in giuoco le vostre maggiori fonti di ricchezza? Infatti le entrate delle altre province, o Quiriti, sono di tale consistenza, che ci bastano a stento per difenderle, ma l'Asia è così ricca e fertile, da superare con facilità ogni altra terra quanto a fertilità dei campi, quanto a varietà dei suoi frutti, per la vastità dei pascoli e per il gran numero dei prodotti destinati all'esportazione. Pertanto, o Quiriti, se volete alimentare i mezzi per fare la guerra e per conferire decoro alla pace, dovete difendere questa provincia non solo da ogni devastazione, ma anche dal timore della devastazione.

15. In varie occasioni il danno si riceve all'arrivo del disastro; per quanto concerne invece le entrate dello Stato il disastro è causato non soltanto dall'arrivo, ma anche dal timore del male. Quando le milizie nemiche non sono lontane, anche se esse non hanno effettuato incursioni, si abbandonano tuttavia le greggi, si lasciano le attività agricole, si sospende la navigazione commerciale. Così né i dazi portuali, né le decime, né le imposte sui pascoli possono più arricchire le entrate; spesso i proventi di un anno intero vanno perduti alla sola notizia del pericolo ed al solo timore di una guerra.

16. Ed infine, quale credete che sia lo stato d'animo di coloro i quali ci pagano i tributi, o di quelli che ne hanno l'appalto e li riscuotono, quando due re con ingenti forze si trovino nelle vicinanze, quando un'unica incursione della cavalleria potrebbe portarci via in un tempo brevissimo i proventi di un anno intero, quando i pubblicani ritengono di poter mantenere solo con loro grande pericolo la numerosa mano d'opera di schiavi che hanno nelle saline, nei campi, nei porti, nei posti di guardia? Credete voi di poter trarre vantaggio da una simile situazione, se non preserverete quanti vi recano vantaggio, liberandoli non solo, come ho detto in precedenza, dai disastri, ma anche dal pericolo del disastri?

17. C'è un altro punto che non dovete trascurare; io l'avevo lasciato per ultimo, per quando sarebbe giunto il momento di parlare delle caratteristiche di questa guerra. Esso riguarda i beni di molti cittadini romani, dei quali dovete tener conto, o Quiriti, per coerenza con la vostra saggezza. Infatti i pubblicani, persone assai onorate ed apprezzate, hanno trasferito affari e sostanze in quella provincia; di per se stesse, le loro questioni e le loro fortune devono starvi a cuore, poiché se abbiamo sempre considerato le imposte come forza vitale dello Stato, dovremo dunque definire a ragione sostegno delle altre classi la classe che è addetta all'esazione delle imposte stesse.

18. Inoltre uomini attivi ed industriosi delle altre classi, in parte commerciano essi stessi in Asia, e in loro assenza voi avete il compito di  curare i loro interessi; in parte hanno grandi somme di denaro investite in quella provincia. E' pertanto proprio del vostro senso di umanità  preservare dai disastri un gran numero di cittadini, è proprio della vostra saggezza il capire che la rovina di molti cittadini non può essere tenuta distinta dal pubblico interesse. E, soprattutto, è di secondaria importanza che voi recuperiate in un secondo momento ai pubblicani i perduti proventi; essi infatti non avranno più la possibilità, a causa della loro rovina, di riprendere l'appalto delle imposte, né altri vorranno farlo, in quanto spaventati .

19. Dobbiamo, poi ben ricordarci, resi esperti dalla sventura, della lezione impartitaci da questa stessa Asia e da questo stesso Mitridate all'inizio della guerra d'Asia; sappiamo infatti che, quando una gran numero di cittadini persero in Asia i propri beni, la sospensione dei pagamenti mise in crisi il credito a Roma. E' impossibile che in una città molti perdano le proprie sostanze ed i propri beni senza trascinare parecchi cittadini nella loro stessa rovina; preservate lo Stato da questo pericolo! Ed infatti -credete alle mie parole, avendolo visto con i vostri occhi - il credito e le questioni finanziarie che si trattano a Roma, ed in particolare nel foro, sono strettamente legate alle ricchezze dell'Asia; queste non potrebbero andare in rovina, senza che quelle crollino, travolte dalla stessa tempesta. Perciò riflettete bene se intendete esitare a lanciarvi con tutto il vostro ardore in una guerra, in cui vengono difese la gloria del vostro nome, il benessere degli alleati, le entrate più cospicue, i beni di moltissimi cittadini legati agli interessi dello Stato.

20. Dal momento che ho parlato delle caratteristiche della guerra, dirò ora poche parole sulla sua importanza, perché si potrebbe dire che questa specie di guerra è assolutamente necessario intraprenderla, ma non tanto importante da dover esser temuta. A questo proposito dovete compiere un grandissimo sforzo perché non sembri di poco conto quanto invece deve essere valutato con la massima attenzione. E perché tutti capiscano che io tributo a Lucio Lucullo l'elogio dovuto ad un guerriero valoroso, ad un uomo saggio e ad un condottiero di spicco, dico che al suo arrivo Mitridate aveva truppe ingenti, perfettamente equipaggiate e preparate,  Cizico, la più illustre e a noi più fedele città dell'Asia, era stretta in una morsa da quello stesso re con ingenti forze e attaccata con grande violenza;  Lucio Lucullo la liberò dai grandissimi pericoli dell'assedio con il suo valore, con la sua tenacia, con le sue decisioni;

21. lo stesso generale vinse ed affondò una flotta grande e ben equipaggiata, la quale, infuocata d'ardore e d'odio, era spinta verso l'Italia dai generali di Sertorio;  inoltre egli ha annientato in numerosi combattimenti soverchianti forze nemiche ed ha aperto alle nostre legioni il Ponto, i cui luoghi d'accesso erano in precedenza chiusi al popolo romano;  Sinópe ed Aniso, le città in cui c'erano le dimore del re, ricche e sovrabbondanti di ogni bene, e le altre città del Ponto e della Cappadocia, assai numerose, sono state conquistate alla sua comparsa ed al suo arrivo;  il re, privato del regno paterno e dei suoi avi, si rifugiò con atteggiamento supplichevole presso altri re ed altri popoli;  tutto ciò è stato compiuto salvaguardando gli alleati dei Romani e le entrate delle province. Ritengo che questo sia un elogio sufficiente e in grado di farvi comprendere, o Quiriti, che nessuno di quelli che avversano questa legge e questa causa ha lodato in modo simile Lucio Lucullo da questo luogo.

22. Forse mi si chiederà ora, come mai, stando così le cose, gli ultimi bagliori di questa guerra possano avere tanta importanza. E' bene che ne veniate a conoscenza, o Quiriti, perchè una tale domanda non deve apparire inopportuna. Dapprima Mitridate partì dal suo regno, così come si dice sia un tempo fuggita, dallo stesso Ponto, Medea; si narra che Medea fuggendo seminò le membra del fratello nei luoghi in cui il padre la rincorreva, perchè la raccolta delle membra disperse ed il dolore del padre rallentassero la velocità dell'inseguimento. Allo stesso modo Mitridate in fuga lasciò interamente nel Ponto una grandissima quantità d'oro e d'argento e di tutti gli splendidi oggetti che aveva ricevuto dagli antenati e che egli stesso, nella precedente guerra, aveva razziato in tutta l'Asia ed accumulato nel suo regno. Mentre i nostri soldati radunavano tutto questo con eccessivo zelo, il re stesso fuggì dalle loro mani. Così, mentre il dolore ritardò il padre di Medea nel suo inseguimento, fu la gioia a frenare i soldati romani.

23. Fu Tigrane, re dell'Armenia, ad accogliere Mitridate in quella fuga da pavido, a rafforzare la fiducia nella sua condizione, a sollevarlo dal suo abbattimento e a dargli nuova vita mentre era in rovina. Dopo che Lucio Lucullo ed il suo esercito giunsero nel regno di Tigrane, vari popoli furono incitati ad opporsi al nostro generale, poiché era stato seminato il terrore in quelle genti che il popolo romano non aveva mai ritenuto di dover provocare, né di spingere alla guerra; anche un'altro funesto e pesante sospetto si era insinuato nelle menti dei barbari,  cioè che il nostro esercito fosse stato spinto in quelle località per spogliare uno dei templi più ricchi e venerati. In tal modo molte ed importanti popolazioni furono incitate contro di noi da un nuovo motivo di terrore e di paura. Il nostro esercito poi, per quanto avesse conquistata una città del regno di Tigrane ed avesse sostenuto combattimenti con pieno successo, era demoralizzato per la lontananza dei luoghi e per la nostalgia della famiglia.

24. Non parlerò molto a questo proposito; la fine della campagna fu sollecitata dal fatto che i nostri soldati si aspettavano una ritirata affrettata da quei luoghi, piuttosto che un'avanzata più lunga. Mitridate da parte sua aveva ormai rafforzato la sua posizione e le sue truppe con l'apporto di coloro che erano venuti dal suo stesso regno, ed era sostenuto da notevoli rinforzi esterni di molti re e molti popoli. Noi sappiamo che accade di solito che le disgrazie dei re attirino la compassione di molti potenti, soprattutto di quelli che sono regnanti o vivono in un regime monarchico, perchè il nome di re sembra loro grande ed inviolabile.

25. Così Mitridate, pur vinto, poté compiere quanto non aveva mai osato desiderare quando il suo regno era intatto. Rientrato infatti nel suo regno, non si accontentò dell'insperata circostanza di rimettere piede su quella terra, dopo esservi stato scacciato, ma si scagliò contro il nostro esercito carico di fama e di vittorie. Consentitemi, o Quiriti, come fanno di solito i poeti che celebrano gli avvenimenti di Roma, di tacere in merito alla nostra sconfitta, che fu talmente disastrosa da essere riferita alle orecchie del generale non da un messaggero proveniente dal campo di battaglia, ma dalla pubblica fama.

26. In quella stessa sventura, in quella stessa disfatta, voi che credeste bene, in base ad un'antica consuetudine, di porre un limite alla durata del suo comando, costringeste Lucio Lucullo - che tuttavia avrebbe potuto in un certo qual modo rimediare a quei rovesci - a congedare una parte dei soldati che avevano completata la ferma militare, e ad affidare l'altra parte a Manio Glabrione. Tralascio di proposito molte circostanze, ma potete immaginare e capire quale importanza abbia assunto quella guerra che stanno muovendo insieme re potentissimi, quella che alcuni popoli stanno riprendendo aizzati contro di noi, quella che popoli ancora integri stanno per intraprendere, e che un nostro nuovo generale accetta, pur con il vecchio esercito già sconfitto.

27. Mi sembra di aver discusso abbastanza a lungo perché questa guerra sia necessaria per la sua stessa natura, rischiosa per la sua estensione; mi rimane da parlare del generale che deve essere scelto per questo conflitto e deve affrontare problemi tanto gravi. Volesse il cielo che voi, o Quiriti, disponeste di un tal numero di uomini valorosi ed integri da dover scegliere con difficoltà l'uomo che, secondo voi debba addossarsi un incarico tanto delicato in una guerra tanto importante. Ma poiché attualmente c'è il solo Gneo Pompeo a superare con il suo valore non solo la gloria degli uomini d'oggi, ma anche il ricordo degli uomini dei tempi passati, quale motivo potrebbe rendere esitante l'animo di ciascuno di voi nei confronti di una tale questione?

28. Io ritengo, in effetti, che in un grandissimo generale debbano sussistere le seguenti quattro qualità: conoscenza dell'arte bellica, valore, prestigio, fortuna. Chi dunque più di Pompeo possedette o avrebbe potuto possedere la conoscenza dell'arte militare? egli che dalla scuola e dagli studi della fanciullezza passò nell'esercito del padre, sotto la disciplina militare, in una guerra durissima e contro nemici ferocissimi; egli che alla fine della fanciullezza militò nell'armata di un grandissimo generale, ed all'inizio dell'adolescenza guidò di persona un'imponente armata; che combatté più battaglie con i nemici di quanti conflitti privati abbia avuto ogni altro uomo, che combatté guerre più di quante gli altri ne abbiano lette, che creò più province di quante gli altri ne abbiano desiderate, che passò la giovinezza ad istruirsi nell'arte militare non per mezzo degli insegnamenti altrui, ma in virtù del comando da lui stesso esercitato, non per mezzo delle sconfitte ma delle vittorie, non per mezzo del servizio militare ma dei trionfi. Quale tipo di conflitto armato, infine, esiste in cui non lo abbiano messo alla prova i casi dello Stato? La guerra civile, d'Africa, Transalpina, di Spagna (in cui i cittadini erano confusi con popoli assai bellicosi), servile, navale, i più diversi tipi di nemici e di guerre, non solamente iniziate ma anche condotte a termine da lui solo, attestano che non esiste problema militare che sfugga alla conoscenza di questo uomo.

29. Ed inoltre quale discorso potrebbe esser adeguato al valore di Gneo Pompeo? Che cosa si potrebbe dire che sia degno di lui o nuovo per voi o ignoto a qualunque altra persona? Esistono altre virtù, per un generale, oltre a quelle che tutti riconoscono: l'applicazione negli affari, la saldezza nei pericoli, la laboriosità nelle imprese, la rapidità nelle azioni, la saggezza nelle decisioni; in lui solo esse si trovano in numero tale, quale mai ebbero gli altri generali che abbiamo conosciuto o di cui abbiamo sentito parlare.

30. Lo dimostra l'Italia, che lo stesso Lucio Sulla, vincitore, riconobbe come liberata per mezzo del valore e dell'aiuto di Pompeo; lo dimostra la Sicilia che, circondata da ogni parte dai pericoli, fu liberata non con il terrore della guerra, ma con la prontezza delle sue decisioni; lo dimostra l'Africa che, oppressa da ingenti schiere nemiche, fu inondata dal loro stesso sangue; lo dimostra la Gallia, attraverso la quale i nostri si aprirono la via verso la Spagna, compiendo un massacro di Galli; lo dimostra la Spagna, che vide assai di frequente numerosissimi nemici da lui sconfitti ed annientati; lo dimostra più e più volte l'Italia, che, oppressa dalla orribile e pericolosa guerra servile, richiese 1'aiuto di Pompeo, allora assente; questa guerra andò spegnendosi e perdendo vigore alla sola attesa di Pompeo, e fu definitivamente soffocata al suo arrivo.

31. Lo dimostrano ormai tutte le regioni e le terre ed i popoli e le nazioni, tutti i mari infine, sia nel loro insieme così come in ciascuno di essi tutte le insenature ed i porti. Ed infatti, quale luogo nell'intero mare ebbe, durante questi anni, una difesa tanto salda da poter essere sicuro, o fu tanto nascosto da poter sfuggire ai pericoli? Quale navigante non era esposto alla morte o al rischio della schiavitù, dovendo navigare d'inverno o in un mare brulicante di pirati? Questa guerra così dura, così vergognosa, così antica, così estesa e diffusa in tanti luoghi, chi avrebbe mai creduto possibile che fosse condotta a termine da tutti i nostri generali in un solo anno o da un unico generale in tutta la sua vita?

32. Quale provincia avete mantenuto al riparo dai pirati in questi anni? quali entrate erano grazie a voi al sicuro? quale alleato avete difeso? chi è stato protetto dalle vostre flotte? quante isole pensate che siano deserte, quante città alleate abbandonate per paura o conquistate dai pirati? Ma perché sto ricordando quanto è avvenuto lontano da Roma? Fu un tempo prerogativa del popolo romano combattere lontano dalla patria e salvaguardare nei più lontani luoghi di difesa dell'impero i beni degli alleati, non le proprio case. Dovrei dire che durante questi anni il mare è stato chiuso ai vostri alleati, dal momento che il vostro esercito non passò mai da Brindisi all'altra sponda se non nel cuore dell'inverno? Dovrei deplorare che gli ambasciatori inviati a Roma da nazioni straniere fossero fatti prigionieri, dal momento che con il riscatto sono stati liberati gli ambasciatori del popolo romano? Dovrei dire che il mare non era infido per i mercanti, dal momento che caddero in potere dei pirati dodici scuri dei littori?

33. Dovrei ricordare la presa di Cnido, o di Colofone, o di Samo, città insigni, e di numerosissime altre, dal momento che sapete che erano in potere dei pirati i vostri porti, e quelli donde voi traete la vita e l'esistenza? Ignorate veramente che il porto di Gaeta, famosissimo e ricolmo di navi, sotto lo sguardo del pretore fu depredato dai pirati, e che poi a Miseno essi rapirono la figlia di quello stesso uomo, che in precedenza aveva fatto loro guerra? Perché dovrei deplorare il disastro di Ostia, turpe e vergognoso per lo Stato, pensando che quasi sotto i vostri occhi i predoni catturarono ed affondarono una flotta comandata da un console del popolo romano? Per gli dei immortali! Lo straordinario e divino valore di un solo uomo ha potuto in così breve tempo dare luce allo Stato, così che voi, che poco fa potevate vedere la flotta dei nemici di fronte alla foce del Tevere, non sentite parlare attualmente di alcuna nave dei pirati al di qua dell'imboccatura dell'Oceano?

34. Voi conoscete bene la successione rapida di queste imprese, ma tuttavia io non posso passarle sotto silenzio; chi mai infatti, desiderando intraprendere un affare o realizzare un guadagno, ha potuto percorrere in un tempo così breve tanti luoghi o compiere tante marce, così rapidamente come, l'impeto di una tale guerra ha percorso il mare, sotto la guida di Gneo Pompeo? Egli, quando il mare non era ancora navigabile, passò in Sicilia, esplorò l'Africa, di lì passò in Sardegna con la flotta e rafforzò con presidi saldissimi e varie flotte questi tre granai dello Stato.

35. Rientrato di lì in Italia, dopo aver assicurato la difesa delle due Spagne e della Gallia Transalpina con presidi e con navi e dopo aver inviato ugualmente vascelli verso le coste del mar Illirico, nell'Acaia ed in tutta la Grecia, pose a difesa dei due mari d'Italia un numero elevato di navi e solidissime guarnigioni; egli stesso, quarantanove giorni dopo la partenza da Brindisi, sottomise tutta la Cicilia all'autorità del popolo romano. I pirati, in qualunque parte si trovassero, furono in parte fatti prigionieri ed uccisi, in parte si sottomisero al suo comando ed alla sua autorità. Egli stesso impose la consegna di ostaggi, senza togliere la speranza della resa ai Cretesi, avendogli questi inviato fino in Pamfilia ambasciatori con l'incarico di presentargli delle richieste supplichevoli. Così una tale guerra, che si trascinava da tanto tempo, che si era estesa in lungo ed in largo, che pesava su tutte le genti ed i popoli, Gneo Pompeo la preparò alla fine dell'inverno, la intraprese all'inizio della primavera, la portò a termine nel mezzo dell'estate.

36. E' questo il divino ed incredibile valore del generale. Dunque, gli altri meriti che ho iniziato a ricordare poco fa, quanto sono grandi e numerosi! Infatti in un eccellente e perfetto comandante non bisogna ricercare solo il valore in guerra, ma esistono molte qualità insigni che aiutano ed accompagnano questo valore. In primo luogo, quale deve essere l'integrità dei generali, quale la loro moderazione in tutte le occasioni, la lealtà, l'affabilità, l'intelligenza, l'umanità! Consideriamo brevemente il grado in cui queste qualità sono presenti in Gneo Pompeo. In effetti in lui sono tutte presenti al massimo grado, o Quiriti, ma è possibile conoscerle ed apprezzarle più confrontandole con quelle degli altri, che considerandole di per se stesse.

37. In quale conto dobbiamo infatti tenere un generale, nel cui esercito i gradi sono e furono messi in vendita? quali sentimenti grandi e nobili nei confronti dello Stato può nutrire, secondo voi, colui che, avendo ricevuto denaro per le necessità della guerra, lo abbia diviso tra i magistrati, desiderando mantenere il proprio incarico, o lo abbia, per avidità, lasciato a Roma, in modo da trarne degli utili? Dai vostri mormorii, o Quiriti, sembra che voi conosciate chi ha fatto ciò; io però non faccio nomi, e di conseguenza nessuno potrà adirarsi con me, tranne chi vorrà prima deporre contro se stesso. Chi non è a conoscenza dei danni procurati dai nostri eserciti per l'avidità di denaro dei nostri generali, in qualunque luogo essi siano giunti?

38. Ricordate quali furono in Italia, durante questi anni, gli spostamenti dei nostri generali attraverso le campagne e le città dei Romani; allora giudicherete con maggiore facilità quanto potete giudicare sia accaduto presso i popoli stranieri. Credete che durante questi anni siano state distrutte più città nemiche dalle armi dei vostri soldati o più città alleate dai quartieri invernali romani? Infatti non può frenare un esercito un generale che non sappia porre un freno a se stesso, né può giudicare con severità chi non vuole che gli altri siano giudici severi nei suoi confronti.

39. A questo proposito dobbiamo meravigliarci che sia tanto superiore agli altri quest' uomo, le cui legioni sono giunte in Asia senza che si sia potuto dire che non solo una schiera di armati così considerevole, ma neppure il suo passaggio abbiano recato danno ai popoli con cui manteniamo pacifiche relazioni? E sul modo di svernare dei nostri soldati giungono ogni giorno rapporti orali e lettere: non solo non si costringe alcuna persona a sborsare denaro per i soldati, ma non si consente ciò neppure a chi lo desidera. I nostri antenati hanno stabilito che le case degli alleati e degli amici debbano costituire un rifugio per l'inverno, e non per l'avidità di denaro.

40. Ebbene, considerate quale sia la moderazione di Pompeo nel resto del suo comportamento. Donde credete che derivino una così grande prontezza ed una così incredibile velocità? Non sono stati infatti il vigore straordinario dei rematori o l'inaudita maestria dei nocchieri o i venti straordinari a portarlo con tale rapidità nei luoghi più remoti della terra, ma ciò che di solito è di impedimento agli altri non ha ritardato Gneo Pompeo. L'avidità di denaro non lo distolse mai dalla via fissata, verso un qualche bottino, né la sfrenatezza dei sensi verso i piaceri, né la bellezza di un luogo per trarne diletto, né la fama di una città per conoscerla, né da ultimo la fatica stessa per il riposo; le statue, infine, i dipinti e le altre opere d'arte delle città greche, che secondo gli altri devono essere portate via, egli non ha neppure ritenuto di andarle a vedere.

41. Ecco perché tutti gli abitanti di quelle località guardano ammirati Gneo Pompeo come se non fosse stato mandato da Roma, ma come se fosse sceso dal cielo; ora essi finalmente cominciano a credere che i Romani furono un tempo uomini disinteressati, cosa che appariva ormai incredibile ai popoli stranieri e tramandata senza un fondamento di verità. Ora lo splendore del vostro impero ha iniziato ad illuminare quei popoli, ora essi capiscono che non senza motivo i loro antenati preferivano servire il popolo romano, piuttosto che esercitare il dominio su altre genti, allorché i nostri magistrati erano dotati di un notevole senso della misura. Ormai riesce così facile ai privati avvicinarsi a lui, così liberamente essi possono esporre le loro lagnanze contro le altrui ingiustizie, che egli, superiore in dignità a tanti altri uomini potenti, sembra, quanto a cortesia, allo stesso livello dei più umili.

42. Quali siano le sue capacità nel prendere delle decisioni, la ponderatezza e insieme l'ampiezza dei suoi discorsi, qualità che hanno anch'esse in sé il segno del comando, voi, o Quiriti, le avete conosciute spesso da questo stesso luogo. Quindi, quale opinione ritenete che gli alleati debbano avere della sua lealtà, che tutti i nemici di ogni tipo hanno, giudicato sacra? In realtà, è tale il suo senso di umanità, che difficilmente si può dire se i nemici temano più il suo valore quando combattono o apprezzino la sua clemenza una volta vinti. E potrà qualcuno essere in dubbio sulla opportunità di affidare una guerra tanto importante a colui che, per un qualche divino progetto, sembra nato per portare a termine tutte le guerre del nostro tempo?

43. E dal momento che il prestigio ha molto valore nella condotta di guerra e nel comando militare, certamente tutti sono convinti che su questo piano le possibilità del nostro generale siano grandissime. Chi non sa che è di grande importanza nel corso di una guerra, ciò che pensano i nemici e gli alleati nei riguardi dei nostri generali? Noi sappiamo bene che essi sono spinti dall'opinione che si sono formati e dalla reputazione, non meno che da qualche motivo reale, a temere o a disprezzare, ad odiare o ad amare uomini posti così in alto. E dunque, quale nome è stato mai più celebre in tutto il mondo? chi ha compiuto imprese analoghe? nei riguardi di quale cittadino, fatto che conferisce grandissimo prestigio, avete preso decisioni tanto importanti e tanto significative?

44. Credete che esista una regione tanto deserta, dove non sia giunta la fama di quel giorno, in cui tutto il popolo romano, riempito il foro e tutti i templi, donde si può scorgere questo luogo, indicò il solo Pompeo quale capo di una guerra comune a varie nazioni? Così, senza dilungarmi e senza confermare con l'esempio di altri generali l'importanza del prestigio in una guerra, sia lo stesso Gneo Pompeo a fornire la dimostrazione di tutti i suoi meriti. Nello stesso giorno in cui egli fu posto a capo della guerra marittima, scese così rapidamente il prezzo del grano, dopo un periodo di estrema scarsità e di alto costo, semplicemente grazie alla speranza riposta in un solo uomo ed alla sua fama, come a stento sarebbe stata in grado di fare una pace duratura in un periodo di grandissima fertilità dei campi.

45. Dopo il disastro da noi subíto nel Ponto, nella battaglia che poco fa vi ho ricordato a malincuore, essendo gli alleati in piena crisi di paura, in aumento le forze ed il coraggio dei nemici e, non avendo la provincia una difesa abbastanza salda, avreste perso l'Asia, o Quiriti, se proprio ne1 momento decisivo di una situazione tanto critica, la fortuna del popolo romano non avesse miracolosamente condotto Gneo Pompeo in quelle regioni. Il suo arrivo frenò Mitridate, reso superbo dalla insolita vittoria, e causò ritardo a Tigrane, che con ingenti forze minacciava 1'Asia. Qualcuno potrà forse avere dei dubbi su ciò che avrebbe conseguito con il suo valore, chi tanto ha raggiunto con il suo prestigio? oppure dei dubbi sulla facilità con cui potrà conservare, con il comando e con un'armata, gli alleati ed i proventi delle province, chi li ha difesi con il suo stesso nome e la sua stessa fama?

46. Ed ecco in qual modo manifesta il prestigio di Pompeo presso i nemici del popolo romano, il fatto che da località tanto lontane e tanto diverse in un periodo di tempo così breve tutti si arresero a lui solo! Che i delegati della federazíone dei Cretesi, mentre un nostro generale si trovava in quell'isola con il suo esercito, si siano recati da Gneo Pompeo quasi alle estreme regioni della terra, dicendo di voler consegnare a lui tutte le città di Creta! Ed ancora, questo stesso Mitridate non mandò forse un suo ambasciatore da Gneo Pompeo, fin nella Spagna? Gneo Pompeo lo ritenne sempre un ambasciatore, mentre quanti mal tolleravano il fatto che fosse stato mandato proprio a lui, preferirono crederlo una spia, piuttosto che un ambasciatore. Potete dunque dedurre - o Quiriti, quanto varrà, presso quei re e quei popoli stranieri, il prestigio di Pompeo, accresciuto nei vostri apprezzamenti, da molte imprese compiute successivamente.

47. Mi resta da parlare con timidezza ed in breve, come è giusto che gli uomini parlino del potere divino, della sua fortuna, che nessuno di noi può mostrare in se stesso, ma può menzionare e lodare in un altro. Io personalmente ritengo che a Massimo, a Marcello, a Scipione, a Mario ed agli altri grandi generali, comando ed eserciti siano stati affidati abbastanza di frequente non soltanto per il loro valore, ma anche per la loro fortuna, perché certamente taluni uomini eccezionali hanno avuto dagli dèi, in una qualche misura, l'appoggio della fortuna per il conseguimento della loro grandezza, della loro gloria e della riuscita nelle grandi imprese. Per quanto riguarda poi la fortuna di quest'uomo, di cui ora discuterò, userò nelle mie parole questo senso della misura, non per dire che la fortuna è stata posta in suo potere, ma perché sia ben chiaro che, ricordandoci del passato, noi fondiamo le nostre speranze nell'avvenire; in tal modo il mio discorso non potrà dispiacere o riuscire sgradito agli dèi.

48. Pertanto non è mia intenzione andare in giro ad esaltare quante imprese, e con quale fortuna, egli abbia compiuto in patria ed in guerra, per terra e per mare, come al suo volere non solo abbiano dato il proprio consenso i cittadini, uniformati gli alleati, obbedito i nemici, ma anche i venti e le condizioni atmosferiche siano state favorevoli. Io dirò, con la massima concisione, che non è mai esistito uomo così temerario da osar sperare in segreto dagli dei immortali tali e tanti successi, quanti essi hanno concesso a Gneo Pompeo. E che questo sia il suo eterno merito, voi, o Quiriti, dovete volerlo, così come state facendo, e desiderarlo, sia per la salute dei cittadini e dell'impero, che dello stesso Gneo Pompeo.

49. Poiché la guerra è tanto necessaria che non la si può evitare, così importante che occorre condurla con la massima accuratezza, e poiché potete affidarne il comando ad un generale dotato di eccellente scienza militare, di straordinario valore, di ragguardevole prestigio, di eccezionale fortuna, siete forse in dubbio, o Quiriti, sull'impiego, a conservazione e ad amplificazione dello Stato, di un tal bene, a voi offerto e concesso dagli dèi immortali?

50. Se attualmente Gneo Pompeo fosse stato un privato cittadino qui a Roma, voi tuttavia avreste dovuto sceglierlo e destinarlo ad un conflitto tale. Nella presente situazione si unisce agli altri grandissimi vantaggi la circostanza che egli è presente proprio in quei luoghi, che ha un esercito, che può ricevere contingenti militari da chi ne dispone; e noi, che cosa aspettiamo? perché non affidiamo, con il favore degli dèi immortali, anche questa guerra contro alcuni regnanti all'uomo che, con il massimo vantaggio dello Stato, ha ricevuto 1'incarico di condurre le altre guerre?

51. Ma in effetti un uomo illustre, che nutre grande rispetto per lo Stato, ricoperto da voi dei massimi benefici, Quinto Catulo, ed un uomo egualmente insignito delle più grandi e più belle onorificenze, dotato di fortuna, di valore, di intelligenza, Quinto Ortensio, avversano questo parere. Io ammetto che il loro prestigio abbia avuto una grande importanza e l'abbia necessariamente in molte occasioni; ma nella presente situazione, per quanto siate a conoscenza del parere contrario di uomini molto meritevoli ed illustri, messa tuttavia da parte la loro autorità, considerando i fatti e riflettendovi sopra possiamo ricercare la verità; ciò è tanto più facile, in quanto essi stessi riconoscono che risponde al vero tutto ciò da me finora detto, che cioè la guerra sia necessaria ed importante, e che il solo Gneo Pompeo possieda tutte le doti al massimo grado.

52. Che cosa dice dunque Ortensio? Nel caso che occorra conferire i massimi poteri ad un solo uomo, Pompeo ne sarebbe il più degno, ma non si deve tuttavia affidare tutti i poteri ad una sola persona. E' questo ormai un argomento senza valore, confutato dai fatti molto più che dalle parole. Tu stesso infatti, Quinto Ortensio, hai parlato in senato a lungo, come ti consentono la facondia e la straordinaria facilità del tuo eloquio, con saggezza e lucidità di pensiero, contro un uomo coraggioso, Aulo Gabinio, allorché questi proponeva una legge che stabiliva la nomina di un solo generale contro i pirati; da questo stesso luogo parlasti ugualmente a lungo contro quella legge.

53. Cosicché, se allora, in nome degli dèi immortali, presso il popolo romano avesse avuto più valore il tuo prestigio che la sua salute ed il suo vero interesse, saremmo oggi in possesso di questa gloria e di questo impero universale? Ti sembrava forse trattarsi di un impero, quando gli ambasciatori del popolo romano, i questori ed i pretori erano fatti prigionieri, quando sia ai privati che allo Stato era proibito importare da tutte le province? quando tutti i mari erano a noi così chiusi che non potevamo trattare affari privati e pubblici al di là del mare?

54. Quale città è mai esistita - non parlo di Atene, il cui impero marittimo si dice sia stato un tempo abbastanza vasto, né di Cartagine, molto potente nella flotta e nelle attività marittime, né Rodi, la cui maestria ed il cui valore in mare è stato tramandato fino a noi - quale città è mai esistita tanto debole e tanto insignificante da non saper difendere per proprio conto i suoi porti, i suoi campi ed una parte delle sue regioni e del suo litorale? Ma, per Ercole, per anni interi, prima della legge Gabinia, il popolo romano, della cui invincibilità per mare è giunta la fama sino a noi, è stato privato non solo di una grande parte, io direi della più grande, di proventi, ma anche della sua dignità e del suo impero.

55. I nostri antenati superarono con la loro flotta il re Antioco e Perseo, vinsero in tutte le battaglie navali i Cartaginesi, uomini dotati di una grandissima esperienza sul mare ed assai ben equipaggiati, e noi non eravamo ormai in grado di resistere in alcun luogo ai pirati. Un tempo noi non garantivamo soltanto la sicurezza dell'Italia, ma con il prestigio del nostro impero eravamo in grado di garantire la sicurezza di tutti gli alleati, fin nelle più lontane contrade; mentre l'isola di Delo, situata così distante da noi, nel mar Egeo, dove giungevano mercanzie e carichi da ogni parte del mondo, piena di ricchezze, piccola, priva di mura, non nutriva alcun timore, a noi invece erano vietate non solo le nostre province, le zone costiere ed i porti dell'Italia, ma ormai anche la via Appia. In quei tempi i magistrati del popolo romano non si vergognavano di salire su questa stessa tribuna, poiché i nostri antenati ce l'avevano lasciata adorna di spoglie navali e di trofei tolti alle flotte nemiche.

56. Il popolo romano, o Quinto Ortensio, giudicò allora che, animati da buone intenzioni tu e gli altri che erano del tuo avviso, esprimeste le vostre opinioni? Ciò nonostante, trattandosi della salute comune, quello stesso popolo romano preferì obbedire al suo risentimento piuttosto che alla vostra autorità. In tal modo un'unica legge, un unico uomo, un unico anno non solo vi hanno liberato da quella infelice e vergognosa situazione, ma hanno anche fatto sì che una buona volta siate apparsi veramente come dominatori su tutte le genti e su tutte le nazioni, per terra e per mare.

57. Perciò mi sembra ancor più indegna l'offesa fatta sin qui - dirò a Gabinio, o a Pompeo, o, ciò che è più vero, ad entrambi? - non accogliendo le pressanti richieste di Gneo Pompeo perché Aulo Gabinio divenisse suo luogotenente. Forse colui che richiede per una guerra tanto importante il luogotenente da lui scelto non merita d'essere esaudito, dal momento che gli altri hanno condotto con sé i luogotenenti desiderati, per rapinare gli alleati e depredare le province, o forse l'autore stesso della legge, che ha dato benessere e dignità al popolo romano e a tutte le genti, non deve partecipare alla gloria del generale e dell'esercito messo in piedi grazie alla sua saggezza e al suo rischio?

58. Forse che Gaio Falcidio, Quinto Metello, Quinto Celio Latinense, Gneo Lentulo - nomino tutti questi come un rispettoso omaggio nei loro confronti - dopo essere stati tribuni della plebe, non poterono divenire luogotenenti l'anno successivo? Si è tanto scrupolosi nei confronti del solo Gabinio, il quale, in una guerra sostenuta per merito della legge Gabinia, sotto questo generale ed in questo esercito, da lui stesso procurato per mezzo del vostro voto, dovrebbe essere nominato luogotenente anche per uno speciale diritto? Spero che i consoli proporranno al senato la sua nomina a luogotenente; se essi esiteranno o addurranno scuse, mi impegno io a presentare la proposta. Nessuna ingiustizia mi tratterrà dal difendere, sicuro del vostro sostegno, i vostri diritti ed i vostri benefici, e non darò ascolto a niente, tranne che non si tratti di un veto; ma io ritengo che quanti lo minacciano pondereranno a lungo se sia lecito servirsene. Io ritengo, o Quiriti, che il solo Aulo Gabinio debba essere associato alla guerra marittima ed alle imprese di Gneo Pompeo, specialmente perché l'uno vi fece votare il conferimento della condotta di guerra ad una sola persona, l'altro, ricevuto l'incarico, lo portò a compimento.

59. Mi resta da parlare, credo, dell'autorità e del parere di Quinto Catulo. Egli vi chiese in chi avreste riposto le vostre speranze se, avendo voi attribuito tutti i poteri a Gneo Pompeo, gli fosse capitata una qualche disgrazia; e fu ampiamente premiato per i suoi meriti e per le sue qualità, poiché voi tutti, quasi all'unanimità, rispondeste che proprio in lui avreste riposto le vostre speranze. In effetti Quinto Catulo è un uomo tale che non esiste missione tanto importante e difficile che egli non possa guidare con il suo senno, salvaguardare con la sua integrità, e condurre a buon compimento con il suo valore. Ma io dissento profondamente da lui proprio su questo punto, perché quanto meno sicura e lunga è la vita umana, tanto più lo Stato deve giovarsi, finché gli dei immortali glielo consentono, della presenza e del valore di un uomo eccelso.

60. Ma in effetti -[Catulo obietta] - nessuna novità deve trasgredire l'esempio ed i principi dei nostri antenati. Non dirò qui che i nostri antenati hanno sempre obbedito alle loro consuetudini in tempo di pace, al loro utile in tempo di guerra, ed hanno sempre adattato nuove decisioni a nuove circostanze. Non dirò che due importantissime guerre, la guerra Punica e quella di Spagna, sono state condotte a termine da un solo generale, e che due città assai potenti e pericolose per il nostro impero, Cartagine e Numanzia, sono state distrutte dal medesimo Scipione; non starò a ricordare che poco tempo fa i vostri antenati hanno ritenuto di dover riporre la speranza dello Stato nel solo Gaio Mario, perché egli conducesse la guerra contro Giugurta, la guerra contro i Cimbri, la guerra contro i Teutoni. Per quanto riguarda lo stesso Gneo Pompeo, nei cui confronti Quinto Catulo è ostile ad ogni innovazione, voi ricordate quali nuove prerogative gli sono state attribuite per l'eccelso parere di Quinto Catulo.

61. Che cosa c'è di più nuovo del fatto che raduni un esercito un giovanotto, e per di più privato, in un periodo di pericolo per lo Stato? egli lo radunò; del fatto che lo comandi? egli lo comandò; del fatto che conduca l'impresa con successo? egli la condusse con successo. Che cosa c'è di più contrario alle consuetudini dell'assegnare ad un uomo giovanissimo, ancor molto lontano dall'età richiesta dal senato, un comando ed un esercito, dell'affidargli il governo della Sicilia e dell'Africa e la condotta di guerra in quella provincia? Si è comportato in queste province con integrità, saggezza e virtù straordinarie. Ha terminato in Africa una guerra importantissima e ricondotto l'esercito vittorioso. Che c'è poi di più inaudito del trionfo di un cavaliere romano? Ma il popolo romano non solo ha visto anche questo, ma ha ritenuto di doverlo vedere e celebrare anche con un generale entusiasmo.

62. Che cosa c'è di più insolito del fatto che, pur essendoci due consoli assai famosi e valorosissimi, un cavaliere romano sia stato inviato in luogo del console in una guerra di grandissima importanza e spaventosa? egli è stato inviato. In quel tempo, mentre molti in senato sostenevano che non si doveva inviare un privato al posto del console, si dice che Lucio Filippo abbia affermato di inviarlo, a parer suo, non con il potere di un console, ma di due consoli. Era tale la speranza in lui riposta per un felice compimento dell'incarico assegnatogli, che si affidava il compito di due consoli al valore di un unico giovane. Che cosa c'è di più singolare del fatto che, sciolto dai vincoli legali con una deliberazione del senato, sia stato nominato console, non essendo in possesso dei requisiti necessari per ottenere ogni altra carica? che cosa c'è di più incredibile del fatto che un cavaliere romano abbia ottenuto un secondo trionfo per deliberazione del senato? Tutto ciò che, in ogni tempo, è stato creato di nuovo in favore degli uomini, è inferiore a quanto abbiamo visto fare in favore di quest'uomo solo.

63. E tante esemplari decisioni, così straordinarie, sono state prese nei riguardi di uno stesso uomo dall'autorità di Quinto Catulo e di altri uomini di altissimo prestigio dello stesso ordine. Badino dunque che non sia ingiusto ed intollerabile che le loro autorevoli iniziative, tendenti a conferire dignità a Gneo Pompeo, siano sempre approvate da voi, e che invece la vostra decisione nei confronti dello stesso uomo e l'autorità del popolo romano siano disapprovate da loro; tenendo conto di questo soprattutto, che il popolo romano con pieno diritto può difendere le sue autorevoli decisioni nei riguardi di Pompeo contro tutti quelli che sono di opinione contraria, proprio perché, seguendo una loro richiesta, voi tra tutti avete scelto Pompeo quale unico capo nella guerra contro i pirati.

64. Se voi avete agito in maniera temeraria e con scarsa attenzione per il bene dello Stato, con ragione essi si sforzano di guidare con i loro consigli le vostre inclinazioni; se invece avete avuto una maggiore chiaroveggenza politica, siete stati proprio voi, contro il loro parere, a procurare rispetto a questo impero e benessere a tutto il mondo; ed ammettano una buona volta, questi capi degli Ottimati, che essi e gli altri devono sottomettersi all'autorità dell'intero popolo romano. In questa guerra d'Asia combattuta contro dei regnanti, si richiede non solo il valore militare, straordinario in Gneo Pompeo, ma anche altre doti morali, grandi ed in gran numero. E' raro che in Asia, in Cicilia, in Siria e nei regni interni un nostro generale sia preoccupato solo dei nemici e della gloria. Anche se poi taluni si mantengono in un certo qual modo moderati per il loro senso dell'onore e per il loro equilibrio, nessuno li ritiene tali a causa della stragrande maggioranza di generali avidi.

65. E' difficile a dirsi, o Quiriti, quanto odio ci abbiano procurato, presso i popoli stranieri, gli abusi e le ingiustizie degli uomini che abbiamo loro inviato con i massimi poteri durante questi anni. Quale tempio credete che in quelle regioni sia stato sacro per i nostri magistrati, quale città inviolabile, quale casa abbastanza chiusa e difesa? Si va alla ricerca, ormai, di città ricche e fiorenti contro le quali si possa addurre un pretesto di guerra, in modo da avere la possibilità di depredarle.

66. Avrei discusso volentieri di ciò direttamente con Quinto Catulo e Quinto Ortensio, uomini egregi e rispettabili, poiché essi sono a conoscenza delle ferite inferte agli alleati, vedono le loro sventure, ascoltano le loro lamentele. Ritenete opportuno, voi, di mandare eserciti contro i nemici, in difesa degli alleati, oppure, con il pretesto dei nemici, contro alleati ed amici? Esiste città in Asia capace di soddisfare le bramosie, non solo di un generale o di un luogotenente, ma anche di un unico tribuno militare? Perciò, anche se aveste a disposizione un uomo che, riunite le forze, sembri in grado di superare gli eserciti dei re, tuttavia se egli stesso non sarà capace di tener lontano le mani, gli occhi, i desideri, dalle sostanze degli alleati, dalle loro mogli e dai loro figli, dalle opere d'arte dei templi e delle città, dall'oro e dai tesori reali, non sarà in grado di venire inviato alla guerra d'Asia contro dei re.

67. Credete forse che essi abbiano portato la pace in una città che ora sia ricca, o che esista una città ricca che sembri loro in pace? Le città sul litorale hanno richiesto Gneo Pompeo, o Quiriti, non solo per la sua gloria militare, ma anche per il suo equilibrio; infatti egli vedeva i pretori, ad esclusione di pochi, arricchirsi annualmente con il pubblico denaro, e vedeva che noi, da quella larva di flotta, nient'altro riuscivamo ad ottenere se non una maggiore vergogna, unita a nuovi danni. Con quale cupidigia i magistrati partano per le province, facendo quali spese e quali patti, non è evidentemente noto a costoro, i quali non ritengono che tutti i poteri debbano essere raccolti nelle mani di un solo uomo. Come se non fosse evidente che la grandezza di Gneo Pompeo è prodotta sia dal suo valore sia dalle colpe degli altri.

68. Non esitate dunque ad affidare tutti i poteri a quest'uomo solo, che da tanti anni è l'unico ad essere bene accetto agli alleati, quando si reca con l'esercito nelle loro città. Ma se ritenete che questa causa debba essere appoggiata da personaggi autorevoli, avete l'autorità di un uomo assai esperto di ogni tipo di guerra e delle più importanti questioni, Publio Servilio, il quale ha compiuto imprese tanto grandi per terra e per mare che, decidendo su questioni di guerra, non dovrebbe esistere una persona più autorevole ai vostri occhi; c'è l'autorità di Gaio Curione, uomo dotato di grandissima intelligenza e saggezza, da voi insignito di eccezionali ricompense ed autore di imprese assai importanti; c'è l'autorità di Gneo Lentulo, in cui voi tutti, dal momento che gli avete affidato altissime cariche, riconoscete la presenza di una notevole saggezza e di una riconosciuta serietà; c'è l'autorità di Gaio Cassio, uomo di integrità, sincerità e costanza straordinarie. Vedete dunque come sembri che noi possiamo controbattere, con l'autorità di questi personaggi, le parole di quanti sono di parere contrario.

69. Stando così le cose, o Gaio Manilio, in primo luogo elogio e approvo incondizionatamente la tua legge, la tua iniziativa e la tua proposta; in secondo luogo ti esorto a persistere nel tuo parere, sorretto dall'autorità del popolo romano, e a non temere le violenze e le minacce di qualsiasi persona. Anzitutto io ti ritengo dotato di sufficiente coraggio e coerenza; scorgendo poi qui presente una simile moltitudine, quale noi vediamo convenuta per affidare una seconda volta il comando allo stesso uomo, che ragione c'è di dubitare della nostra causa o delle possibilità di successo? Da parte mia, tutto lo zelo, la saggezza, l'attività e l'intelligenza che posseggo, tutto ciò che debbo al favore che a me è stato accordato dal popolo romano ed al conferimento della pretura, tutto ciò che possono il mio prestigio, la mia lealtà, la mia costanza, tutto questo io lo prometto e lo consacro a te ed al popolo romano per il successo della causa;

70. chiamo a testimoni gli dei tutti, ed in particolare quelli che proteggono questo luogo sacro e entrano profondamente nei pensieri di quanti partecipano alla cosa pubblica, che io non mi comporto in tal modo dietro le pressioni di una qualsiasi persona, né con l'intento di guadagnarmi, patrocinando questa causa, il favore di Gneo Pompeo, né cercando, da parte di qualche potente personaggio, o una difesa contro i pericoli o un aiuto per la mia carriera politica; infatti io potrò facilmente respingere i pericoli, per quanto possa garantirlo un uomo, al riparo della mia integrità, e conseguire cariche onorifiche non grazie all'aiuto di una sola persona, né da questo luogo, ma grazie alla mia disciplina di vita assai rigorosa, se voi lo vorrete.

71. Perciò, o Quiriti, l'impegno che mi sono assunto sostenendo questa causa, io dichiaro di averlo assunto interamente nell'interesse dello Stato; sono tanto lontano dall'aver ricercato il favore di qualcuno, che ritengo di essermi anche attirato molte inimicizie, in parte celate, in parte manifeste, per me non necessarie, ma per voi non inutili. Ma, insignito di questa carica onorifica e colmato da voi di tanti benefici, ho deciso, o Quiriti, di anteporre il vostro volere, il buon nome dello Stato, il benessere delle province e degli alleati ad ogni mio vantaggio e ad ogni mio interesse personale.

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Traduzione di V. Todisco

16 marzo 2003


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