Orazione in difesa di M. Marcello |
Traduzione
[I]1. Questo giorno, o senatori, segna la fine del lungo
silenzio che avevo osservato in questi anni, non per qualche timore ma in
parte per l'amarezza e in parte per il riserbo, e offre inoltre
l'occasione per esprimere, come ho sempre fatto, le mie intenzioni e le
mie riflessioni. In nessun modo infatti posso far passare sotto silenzio
una così grande mitezza, una così rara e inaudita clemenza, una così
grande moderazione in una persona che detiene la massima autorità e infine
una così incredibile e, oserei dire, divina saggezza.
2. Infatti, ora che M. Marcello è stato restituito a voi, o senatori, e
alla repubblica, io credo che siano state mantenute e rese a voi e alla
repubblica la mia parola e la mia autorevolezza insieme alla sua. Provavo
infatti dolore, o senatori, e profonda sofferenza vedendo che un uomo
simile, pur avendo militato nello stesso partito nel quale ho militato io,
non si trovava nella mia stessa situazione; e non potevo convincermi né
ritenevo fosse giusto per me riprendere la nostra vecchia carriera, dal
momento che era stato con la forza separato da me quell'emulo fedele, quel
compagno in certo senso inseparabile dei miei studi e dei miei impegni.
Per questo, C. Cesare, tu hai riaperto per me il corso interrotto della
vita di un tempo e per tutti costoro hai per così dire innalzato un
vessillo per nutrire buone speranze sulla repubblica.
3. Infatti, dalla vicenda di molte persone e soprattutto dalla mia
vicenda personale, io per parte mia ho capito una cosa, ma l'hanno capita
tutti poco fa, quando hai concesso M. Marcello al senato e alla
repubblica, specialmente dopo averne ricordato le offese: tu poni
l'autorità dell'ordine senatorio e la dignità della repubblica perfino al
di sopra dei tuoi risentimenti e dei tuoi sospetti. Egli di certo oggi ha
colto il frutto più ambito di tutta la vita condotta fin qui, e l'ha
potuto fare non soltanto per l'unanime consenso del senato ma anche per il
tuo assenso, che è il più autorevole e il più importante. Da ciò
senz'altro si capisce quanto grande sia il merito nel concedere un
beneficio, se è così grande la gloria in chi lo riceve.
4. Egli è proprio un uomo fortunato, poiché dalla sua salvezza deriverà
sì sollievo per lui, ma si può dire che un sollievo non minore è
venuto per la comunità: e questo riconoscimento gli è toccato sicuramente secondo il
merito e secondo i principi sacri del diritto. Chi infatti è più insigne
di lui per nobiltà di nascita, per onestà, per amore della
cultura, per integrità o per ogni altra qualità degna di lode?
[II] Nessuno possiede un'ispirazione così travolgente, nessuno ha tanta efficacia ed
eloquenza di oratore o di scrittore da poter, non dico abbellire, ma anche
solo esporre per filo e per segno le tue imprese, C. Cesare; tuttavia, con
tua buona pace, io affermo una cosa: in tutte queste imprese tu non hai
conseguito gloria maggiore di quella che hai riportato oggi.
5. Spesso mi si presenta un pensiero e volentieri continuo a ripeterlo nelle
mie conversazioni: tutte le imprese dei nostri condottieri, tutte quelle
delle nazioni straniere e dei popoli più potenti, tutte quelle dei più
famosi re non potrebbero essere paragonate con le tue né per la rilevanza
degli scontri né per il numero dei combattimenti né per la varietà delle
zone geografiche né per la rapidità dell'azione né per la diversità della
tattica; senza contare che nessuno nel suo cammino avrebbe potuto
percorrere regioni più distanti più velocemente di quanto tu le abbia
battute, non dico nelle tue marce, ma addirittura con le tue
vittorie.
6. E se per parte mia non riconoscessi che questi fatti sono tanto
grandi da poter essere a stento compresi dall'intelletto e dalla fantasia
di qualcuno, sarei pazzo; ma tuttavia ci sono altri meriti più grandi.
Infatti c'è chi parlando è solito sminuire la gloria militare, sottrarla
ai comandanti e farne partecipi molti altri per non darne l'esclusivo
merito ai condottieri. E’ certo che in guerra sono di grande aiuto il
valore dei soldati, la posizione sategica, gli aiuti degli alleati, le
flotte, i servizi logistici; eppure la parte principale la rivendica a sé
la Fortuna, come in base a un suo diritto, e qualunque impresa vada a buon
fine la ritiene opera quasi tutta sua.
7. Invece questa gloria che ti sei conquistato poco fa, C. Cesare, non
la devi spartire con nessuno: tutto questo merito, per quanto grande sia
(ed è certamente grandissimo), tutto, lo ripeto, è tuo; di questa
gloria, non c'è centurione, prefetto, coorte, squadrone che rivendica una
parte per sé, e perfino la stessa nota signora delle vicende umane, la
Fortuna, non si fa avanti per aver parte di questa gloria: cede davanti a
te, ammette che essa è interamente di tua esclusiva proprietà. Infatti
l'avventatezza non è mai unita alla saggezza e il caso non è mai ammesso
ai consigli della ragione.
8. Tu hai sottomesso nazioni feroci e barbare, innumerevoli nella loro
moltitudine, infinite per i loro stanziamenti, ben fornite di ogni genere
di risorse; e comunque hai vinto: quelle si trovavano nella condizione
naturale per poter essere vinte, perché non esiste una forza tanto grande
da non poter esser indebolita e piegata dalla forza delle armi. Ma vincere
se stessi, trattenere la collera, perdonare al vinto, non soltanto
sollevare l'avversario insigne per nobiltà, ingegno e virtù quando è
caduto, ma anche aumentare la sua dignità d'un tempo: se qualcuno si
comporta così, io non lo paragono ai più grandi uomini ma lo giudico assai
simile a un dio.
9. Pertanto, C. Cesare, le tue note glorie militari
saranno sì celebrate dalla tradizione scritta e orale, non soltanto nostra, ma
praticamente di tutti i popoli, e nessuna età mai poà pensare di tacere le tue
glorie; e tuttavia imprese di tal genere, non so come, anche solo
a leggerle, pare che siano sopraffatte dal vociare dei soldati e
dal suono delle trombe. Invece, quando noi ascoltiamo o leggiamo che
qualche risultato è stato ottenuto con la clemenza, con la mitezza, con
la giustizia, con la moderazione, con la saggezza, soprattutto in un momento di
collera, che è nemica della riflessione, e nella condizione di
vincitore, che per natura è eccessiva e arrogante, da quale
entusiasmo non siamo presi, non soltanto di fronte a imprese realmente avvenute
ma anche di fronte a quelle immaginarie, al punto di amare spesso persone che
non abbiamo mai visto!
10. Ma trattandosi di te, che
osserviamo qui fra noi e di cui vediamo bene il pensiero,
i sentimenti, l'espressione, che esprimono la tua volontà di mantenere intatto tutto
quello che della repubblica hanno lasciato le vicende della guerra, con quali lodi
non ti celebreremo, con quale ardore non ti circonderemo, con
quale affetto non ti ameremo? In nome di Dio, le
pareti di questa curia mi pare che desiderino ardentemente ringraziarti, pensando che
fra breve quel cittadino autorevole sarà qui, fra questi seggi, che sono stati dei
suoi antenati e suoi.
[IV]
Davvero mentre osservavo poco fa insieme a voi le lacrime di C. Marcello, uomo
irreprensibile e animato da un amore fraterno esemplare, ha inondato il
mio cuore il ricordo di tutti i Marcelli: a costoro, anche in morte, tu
hai restituito la loro dignità graziando M. Marcello e hai praticamente
salvato dall'estinzione una famiglia nobilissima ridotta ormai a pochi
membri.
11. A buon diritto
allora tu poni il fatto di oggi al di sopra dei solenni e innumerevoli
rendimenti di grazie che hai ricevuto. Infatti questo gesto è proprio del solo
C. Cesare; le altre imprese sono sì state compiute sotto la tua guida, e si atta
certo di grandi imprese: ma erano con te tuttavia numerosi e bravi
collaboratori. Di questa azione invece tu sei nel contempo capo e collaboratore:
ed essa è tanto grande che il tempo potrà metter fine ai tuoi trofei e ai tuoi
monumenti ,non esiste infatti nessun prodotto della mano dell'uomo che il passar
del tempo non consumi e distrugga:
12. ma la giustizia e la mitezza che hai mosato oggi fioriranno ogni giorno
di più, così tutto ciò che il tempo sotarrà alle tue gesta, lo aggiungerà
alla tua gloria. E’ vero, tu avevi vinto con la tua equità e la tua
clemenza i vincitori di tutte le altre guerre civili: oggi però hai vinto
te stesso. Temo che queste mie parole non possano essere intese da voi
che le ascoltate così come io le concepisco nella mia mente: mi pare che
tu abbia vinto la stessa vittoria nel momento in cui hai restituito ai
vinti ciò che essa aveva loro tolto. Infatti, quando in base al diritto
proprio della stessa vittoria noi tutti, che siamo stati sconfitti,
secondo le convenzioni eravamo morti, siamo stati graziati per decisione
della tua clemenza. Corretto dunque chiamare invitto soltanto colui che ha
sconfitto del tutto anche il diritto spietato della stessa
vittoria.
13. E considerate, o senatori, le numerose conseguenze di questa
decisione di C. Cesare. Infatti noi tutti che a quella guerra siamo stati
spinti da non so quale destino infelice e avverso per la repubblica, anche
se ci riconosciamo colpevoli di un errore umano, siamo stati almeno
prosciolti dall'accusa di tradimento. Quando infatti egli ha restituito M.
Marcello alla repubblica grazie alla vostra intercessione, quando ha
restituito me a me stesso e alla repubblica senza l'intercessione di
nessuno e quando ha ridato gli altri uomini facoltosi a loro stessi e alla
patria (li potete vedere, numerosi e autorevoli, proprio in questo
consesso), non ha ammesso nella curia dei nemici, ma ha giudicato che la
maggioranza aveva intrapreso la guerra cono di lui per ignoranza e per
un timore falso e infondato, non per ambizione o per
crudeltà.
14. E in questa guerra appunto ho sempre pensato che si dovesse
ascoltare chi parlava di pace, e mi sono sempre addolorato perché ci si
rifiutava non soltanto di fare la pace, ma anche di ascoltare i cittadini
che chiedevano a gran voce la pace. Io non ho mai partecipato a quella
guerra civile e nemmeno a qualche altra, e le mie risoluzioni sono sempre
state a sostegno della pace e della vita civile, e non della guerra e
della discordia. Sono stato al seguito di quell'uomo per devozione
personale, non per obbligo politico, e in me fu così vivo il ricordo
costante della mia gratitudine da correre incontro, con piena
consapevolezza per così dire, a una rovina volontaria, senza ambizione
alcuna e per di più senza alcuna speranza.
15. E di certo questo mio intendimento non fu per nulla nascosto: in
questa assemblea, quando la situazione non era ancora precipitata, io ho
parlato a lungo della pace e perfino durante la guerra la pensavo allo
stesso modo, anche col rischio della mia vita. Di conseguenza nessuno
vorrà considerare i fatti in modo tanto parziale da non sapere ancora bene
quali siano state le intenzioni di Cesare sulla guerra, dal momento che ha
pensato subito di dover graziare i fautori della pace, ma si è dimostrato
piuttosto risentito nei confronti degli altri. E questo suo proposito
poteva forse sembrare non troppo sano allora, dato che l'esito della
guerra pareva incerto e alterne le vicende: in realtà chi da vincitore
apprezza i fautori della pace, costui sicuramente dimostra che avrebbe
preferito non combattere piuttosto che vincere.
16. E questo atteggiamento io lo posso testimoniare in
M. Marcello, dal momento che le nostre intenzioni in pace sono sempre state
in sintonia, ma anche allora in guerra lo erano. Quante volte e con quanto
dolore l'ho visto temere l'arroganza di ben noti personaggi e anche la crudeltà
della vittoria stessa ! E per questo la tua generosità, C.
Cesare, inevitabilmente è più gradita a noi che abbiamo visto quegli estremismi:
dobbiamo infatti confrontare non già le motivazioni della guerra ma le
conseguenze della vittoria.
17. Abbiamo assistito alla tua vittoria, che non è andata oltre la
fine dei combattimenti: a Roma non s'è vista una spada sguainata; i
concittadini che abbiamo perso li ha colpiti la furia di Marte, non l'ira
di chi ha vinto, di modo che nessuno deve dubitare che C. Cesare, se
potesse, richiamerebbe molte persone dall'aldilà poiché egli fa di tutto
per graziare chi appartiene anche alla schiera nemica. Del partito
avversario, invece, non posso dire altro se non che la sua vittoria
sarebbe di fatto stata troppo violenta, ed era questo che temevamo.
18. Alcuni infatti minacciavano non soltanto chi era sceso in campo ma
talvolta anche chi era al di sopra delle parti e sostenevano che bisognava
considerare non quello che ciascuno pensava ma da quale parte stava; al
punto che mi sembra proprio che gli dèi immortali ,loro che hanno acceso
una guerra civile così imponente e così sanguinosa -, anche se hanno
voluto far pagare al popolo Romano il fio per qualche colpa, sia perché
ormai placati sia perché finalmente soddisfatti, hanno riposto la speranza
di salvezza nella saggia clemenza del vincitore .
19. Pertanto rallegrati per questa tua dote tanto insigne e godi della
tua buona sorte e della tua gloria, come pure del tuo carattere e delle
tue abitudini: proprio da ciò deriva a chi è saggio il più grande successo
e la più grande felicità. Quando tu ricorderai le tue gesta, ti
rallegrerai sì molte volte del tuo valore, ma più ancora della tua fortuna
; tutte le volte che penserai a noi, che hai voluto che restassimo insieme
a te a far parte della repubblica, penserai ogni volta al bene che hai
fatto, alla tua incredibile generosità, alla tua peculiare saggezza:
queste virtù non soltanto costituiscono i beni sommi, ma arriverei a dire
che sono forse gli unici . Infatti c'è una così grande distinzione nella
vera gloria e una così grande dignità nella grandezza d'animo e di
intelligenza, che queste doti sembrano un dono del valore, mentre tutte le
altre un prestito della sorte.
20. Dunque sii infaticabile nel graziare persone perbene che sono cadute
in errore non per qualche particolare ambizione e per malvagità, ma forse
per un'insensata valutazione del da farsi, certo non in malafede, e per
una loro illusoria idea di stato. Tu infatti non hai nessuna colpa se
alcuni hanno avuto paura di te: al contrario è per te grandissimo motivo
di gloria il fatto che alcuni hanno capito che non avrebbero dovuto
affatto averne.
21. Vengo ora alla tua
gravissima lagnanza e al tuo atrocissimo sospetto: a prevenirlo devi essere tu
stesso, ma allo stesso modo tutti i cittadini e soprattutto noi che siamo stati
graziati da te; e anche se ho la speranza che sia infondato, tuttavia non lo
sottovaluterò mai, poiché la tua sicurezza è la nostra sicurezza: e così, se
fosse inevitabile commettere un errore in un senso o nell'altro, preferirei
sembrare troppo timoroso piuttosto che poco prudente. Ma chi mai è questo
attentatore così fuori di sé? Uno dei tuoi, per quanto chi è tuo più di coloro a cui
tu hai restituito la vita quando ormai non lo speravano più? O uno di quel
gruppo che fu dalla tua parte? Non è plausibile in nessuno una follia tale
da non fargli porre al di sopra della propria vita quella di colui al
seguito del quale ha ottenuto ogni più grande bene. Dunque, se i tuoi non
amano nessun delitto, bisogna guardarsi che non lo facciano gli
avversari? Ma chi? Tutti quelli che lo sono stati o hanno perso la vita
per la loro ostinazione o l'hanno avuta salva per la tua clemenza; e così
o di avversari non ce ne sono più o, quelli che lo sono stati, ora sono i
tuoi migliori amici.
22. Tuttavia, dal momento che nell'animo umano ci sono cosi grandi
segreti tanto nascosti, lasciamo pure crescere il tuo sospetto: nello
stesso tempo infatti faremo crescere il numero di chi vigila. Infatti chi
di noi tutti è così lontano dalla realtà, così inesperto di politica, così
per nulla preoccupato della propria salvezza e di quella pubblica da non
capire che la propria salvezza è tutt'uno con la tua e che dalla vita di
te solo dipende quella di tutti? Da parte mia, pensando a te giorno e
notte, com'è doveroso, comincio a temere per lo meno le vicende dell'uomo,
le tue mutevoli condizioni di salute, la fragilità della natura umana e
sono addolorato per il fatto che, mentre la repubblica deve essere
immortale, essa si basa sulla vita di una sola persona mortale.
23. Se poi alle vicende umane e al mutevole stato di
salute aggiungiamo anche l'accordo criminale per ucciderti, quale dio crediamo
che, anche volendo, potrebbe aiutare la repubblica?
[VIII] Tu soltanto, C. Cesare,
devi risollevare tutto quanto ti rendi conto che, per l'effetto devastante
della stessa guerra, giace a terra completamente abbattuto, come era
inevitabile che avvenisse: devi riordinare l'amministrazione della
giustizia, ristabilire il credito, frenare il malcostume, favorire
l'incremento demografico, ristrutturare con leggi severe tutte le
istituzioni che sono ormai decadute e andate in rovina.
24. Non sarebbe stato possibile evitare che, in una così grande guerra
civile, in un così grande fermento di passioni e di armi, la repubblica
uscisse sconvolta e perdesse ,qualunque fosse stato l'esito della guerra
,molti ornamenti del suo prestigio e molti sostegni della sua stabilità,
e nemmeno che entrambi i comandanti durante la guerra si comportassero in
molti casi come poi in pace avrebbero proibito di fare. A tutte queste
ferite di guerra dunque spetta a te ora rimediare: nessuno, al di fuori di
te, può prescriverne la cura.
25. Di conseguenza ho ascoltato malvolentieri quella tua affermazione
piena di dignitosa saggezza: "Ho vissuto abbastanza sia rispetto ai miei
anni sia rispetto alla mia gloria". Se proprio lo vuoi, hai vissuto
abbastanza forse rispetto agli anni, aggiungiamo pure rispetto alla
gloria, se lo desideri: ma di certo troppo poco rispetto alla patria, che
è ciò che più importa. Per questo motivo lascia da parte ,ti prego ,
questa saggezza da filosofo nel disprezzare la morte: non essere un
sapiente a nostre spese! Spesso infatti è arrivato alle mie orecchie che
tu vai ripetendo troppo di frequente questa medesima frase: che hai
vissuto abbastanza per te. Credo che tu lo pensi davvero: ma io ti darei
retta soltanto se tu vivessi per te solo o se tu fossi nato ancora per te
solo. Invece le tue imprese ti hanno legato alla salvezza di tutti i
cittadini e all'intera repubblica; e sei tanto lontano dal completamento
delle tue opere più importanti che non hai ancora gettato le fondamenta
che hai in animo di gettare. A questo punto tu vuoi limitare la durata
della tua vita, tenendo conto non della salvezza della repubblica ma della
serenità del tuo animo? E se io dicessi che tutto ciò non è sufficiente
neppure per la gloria? Non negherai che, nonostante la tua saggezza,
questa è una cosa cui aspiri moltissimo.
26. Tu obietterai: "Lascerò forse opere poco grandi?". Tutt'altro: per
gli altri, anche se numerosi, e abbastanza; per te solo è troppo poco,
poiché qualunque cosa, per quanto grande sia, risulta piccola quando ce
n'è un'altra.più grande. E se questo doveva essere il risultato delle tue
imprese immortali, C. Cesare, cioè sgominare gli avversari ma lasciare la
repubblica nella condizione in cui si trova ora, fa' in modo ,ti prego ,
che la tua virtù divina non sia destinata ad avere più ammirazione che
gloria, poiché la gloria è l'illustre e generale fama dei grandi meriti
sia verso i propri concittadini sia verso la patria sia verso l'intero
genere umano.
27. Dunque questa è la parte che ti rimane, ti resta questo atto
in questo ti devi impegnare fino in fondo: organizzare la repubblica e
goderne tu per primo in grande tranquillità e pace; quando avrai pagato
alla patria il tuo debito e, ormai sazio di vivere, avrai soddisfatto la
natura stessa, allora, se vorrai, dirai di aver vissuto abbastanza a
lungo. Infatti che cos'è in fondo questo vivere a lungo visto che implica
un limite estremo? Quando quest'ultimo è giunto, ogni gioia passata non
conta nulla perché non ce ne sarà altra. Nonostante ciò, questo tuo animo
non fu mai pago entro gli stretti limiti che la natura ha stabilito alla
nostra vita: arse sempre d'amore per l'immortalità.
28. Eppure non bisogna pensare che la tua vita è questa che consta di
corpo e anima: la tua, io dico, è quella vita che sarà viva nel ricordo di
ogni generazione, che i posteri tramanderanno, che la stessa eternità
conserverà sempre. A quest'ultima devi pensare, a quest'ultima ti devi
mostrare: essa già da tempo ha molti motivi per ammirarti e ora ne aspetta
anche per lodarti. I posteri di certo resteranno stupiti nell'ascoltare e
nel leggere i tuoi comandi militari, le province conquistate, il Reno,
l'Oceano, il Nilo, le innumerevoli battaglie, le vittorie incredibili, i
monumenti, le elargizioni, i trionfi.
29. Ma se questa città non risulterà organizzata
stabilmente sulla base dei provvedimenti dettati dal tuo discernimento, il tuo
buon nome non farà che vagare in lungo e in largo senza avere una sede fissa e un domicilio stabile. Anche fra chi
nascerà dopo di noi, così come è successo fra noi, sarà grande
il contrasto, poiché alcuni innalzeranno al cielo le tue imprese, altri forse troveranno che manca
qualcosa ,per di più davvero molto importante ,se tu non avrai spento
l'incendio della guerra civile donando la salvezza alla patria: sicché la
prima sembra opera del fato, la seconda della tua saggezza. Pensa allora
a quei giudici che ti giudicheranno fra molti secoli e a dire
il vero, con ogni probabilità, in modo più imparziale di noi, perché ti
giudicheranno senza affetti e passioni e ancora senza odio e senza
invidia. 30. E comunque, anche se questo giudizio allora non ti riguarderà, come
a torto pensano alcuni, certamente ora ti riguarda essere tale che
nessun oblio possa mai oscurare la tua gloria.
[X] Le aspirazioni dei cittadini
furono diverse e le opinioni opposte. Non eravamo divisi infatti perché
avevamo diverse soltanto le idee e le passioni ma anche le armi e gli
eserciti. C'era una sorta di incertezza, c'era la lotta fra i comandanti
più in vista; erano molti quelli che non sapevano quale fosse il partito
migliore, che cosa convenisse loro, che cosa fosse dignitoso e alcuni
anche che cosa fosse giusto.
31. La repubblica ha portato fino in fondo questa guerra sfortunata e
fatale: ha vinto colui che è stato in grado non di infiammare il proprio
odio con il successo, ma di mitigarlo con l'equanimità, e che non
giudicava tutti quelli contro i quali era adirato passibili, per questo
stesso motivo, di esilio o di morte. Le armi da parte di alcuni sono state
deposte, ad altri sono state strappate. Ingrato e ingiusto è il cittadino
che, anche se liberato dal pericolo delle armi, tuttavia mantiene armato
l'animo, così che è anche migliore colui che è caduto sul campo, che ha
perso la vita per la propria idea politica. Infatti quello che ad alcuni
può sembrare ostinazione, lo stesso atteggiamento ad altri sembra
coerenza.
32. Ma ormai ogni contrasto è stato eliminato dalle armi, cancellato
dalla giustizia del vincitore : resta soltanto che tutti coloro che hanno
non dico un po' di saggezza, ma anche solo un po' di buon senso abbiano
un'unica aspirazione. Se tu, C. Cesare, non sei salvo e non perseveri in
questo stato d'animo, che hai adottato prima e più che mai oggi, noi non
possiamo esser salvi. Per questo motivo tutti noi, che vogliamo che siano
salve tutte le cose, ti esortiamo e ti scongiuriamo di provvedere alla tua
vita, alla tua salvezza e, poiché tu pensi che si prepari qualche insidia
da cui guardarti, tutti noi, fammi esprimere il mio personale
convincimento anche a nome degli altri, ti promettiamo non soltanto
sentinelle notturne e guardie del corpo ma anche la difesa con il nostro
petto e con il nostro corpo.
33. Ma voglio che il
mio discorso termini proprio con quel pensiero con cui è iniziato: noi tutti ti ringraziamo
infinitamente, C. Cesare, e ti siamo anche più obbligati. Tutti infatti provano lo
stesso sentimento di cui hai potuto renderti conto di fronte alle preghiere e alle
lacrime di tutti. Ma poiché non è necessario che tutti si alzino
a parlare, vogliono senz'altro che a parlare sia io, come in certo senso
è inevitabile che succeda e quello che è giusto che avvenga, comprendo che
avviene: M. Marcello è stato grazie a te restituito a questo
ordine, al popolo di Roma e alla repubblica. Mi rendo infatti
conto che tutti si rallegrano non come se si trattasse della salvezza di
uno solo, ma di quella generale.
34. E poi, dato che
per tanto tempo quanto si è dubitato della sua salvezza io ho mostrato con la mia
ansia, la mia preoccupazione, il mio impegno, il sentimento di un infinito
affetto ,e che ci sia stato da parte mia verso di lui tutti l'hanno sempre
saputo, al punto che in ciò non ero secondo di certo a nessuno, e a malapena ero
secondo a suo fratello C. Marcello, ottima persona e a lui molto legato -, tanto
più lo devo mostrare in questa circostanza, visto che sono stato liberato dalle
grandi preoccupazioni, dai fastidi, dalle amarezze. Pertanto, C. Cesare, ti
rendo grazie; e in tal modo, sebbene io sia stato da te non soltanto graziato
sotto ogni riguardo ma anche onorato, con tutto ciò, ai tuoi innumerevoli meriti
verso di me solo, si è aggiunto - cosa che ormai non pensavo potesse avvenire
- con questo tuo gesto il più degno coronamento.
Versioni di riferimento: V. Paladini, 1963; M. Olivieri,
1969
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