Orazione in difesa di M. Marcello 

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Traduzione

[I]1. Questo giorno, o senatori, segna la fine del lungo silenzio che avevo osservato in questi anni, non per qualche timore ma in parte per l'amarezza e in parte per il riserbo, e offre inoltre l'occasione per esprimere, come ho sempre fatto, le mie intenzioni e le mie riflessioni. In nessun modo infatti posso far passare sotto silenzio una così grande mitezza, una così rara e inaudita clemenza, una così grande moderazione in una persona che detiene la massima autorità e infine una così incredibile e, oserei dire, divina saggezza.

2. Infatti, ora che M. Marcello è stato restituito a voi, o senatori, e alla repubblica, io credo che siano state mantenute e rese a voi e alla repubblica la mia parola e la mia autorevolezza insieme alla sua. Provavo infatti dolore, o senatori, e profonda sofferenza vedendo che un uomo simile, pur avendo militato nello stesso partito nel quale ho militato io, non si trovava nella mia stessa situazione; e non potevo convincermi né ritenevo fosse giusto per me riprendere la nostra vecchia carriera, dal momento che era stato con la forza separato da me quell'emulo fedele, quel compagno in certo senso inseparabile dei miei studi e dei miei impegni. Per questo, C. Cesare, tu hai riaperto per me il corso interrotto della vita di un tempo e per tutti costoro hai per così dire innalzato un vessillo per nutrire buone speranze sulla repubblica.

3. Infatti, dalla vicenda di molte persone e soprattutto dalla mia vicenda personale, io per parte mia ho capito una cosa, ma l'hanno capita tutti poco fa, quando hai concesso M. Marcello al senato e alla repubblica, specialmente dopo averne ricordato le offese: tu poni l'autorità dell'ordine senatorio e la dignità della repubblica perfino al di sopra dei tuoi risentimenti e dei tuoi sospetti. Egli di certo oggi ha colto il frutto più ambito di tutta la vita condotta fin qui, e l'ha potuto fare non soltanto per l'unanime consenso del senato ma anche per il tuo assenso, che è il più autorevole e il più importante. Da ciò senz'altro si capisce quanto grande sia il merito nel concedere un beneficio, se è così grande la gloria in chi lo riceve.

4. Egli è proprio un uomo fortunato, poiché dalla sua salvezza deriverà sì sollievo per lui, ma si può dire che un sollievo non minore è venuto per la comunità: e questo riconoscimento gli è toccato sicuramente secondo il merito e secondo i principi sacri del diritto. Chi infatti è più insigne di lui per nobiltà di nascita, per onestà, per amore della cultura, per integrità o per ogni altra qualità degna di lode?

[II] Nessuno possiede un'ispirazione così travolgente, nessuno ha tanta efficacia ed eloquenza di oratore o di scrittore da poter, non dico abbellire, ma anche solo esporre per filo e per segno le tue imprese, C. Cesare; tuttavia, con tua buona pace, io affermo una cosa: in tutte queste imprese tu non hai conseguito gloria maggiore di quella che hai riportato oggi.

5. Spesso mi si presenta un pensiero e volentieri continuo a ripeterlo nelle mie conversazioni: tutte le imprese dei nostri condottieri, tutte quelle delle nazioni straniere e dei popoli più potenti, tutte quelle dei più famosi re non potrebbero essere paragonate con le tue né per la rilevanza degli scontri né per il numero dei combattimenti né per la varietà delle zone geografiche né per la rapidità dell'azione né per la diversità della tattica; senza contare che nessuno nel suo cammino avrebbe potuto percorrere regioni più distanti più velocemente di quanto tu le abbia battute, non dico nelle tue marce, ma addirittura con le tue vittorie.

6. E se per parte mia non riconoscessi che questi fatti sono tanto grandi da poter essere a stento compresi dall'intelletto e dalla fantasia di qualcuno, sarei pazzo; ma tuttavia ci sono altri meriti più grandi. Infatti c'è chi parlando è solito sminuire la gloria militare, sottrarla ai comandanti e farne partecipi molti altri per non darne l'esclusivo merito ai condottieri. E’ certo che in guerra sono di grande aiuto il valore dei soldati, la posizione sategica, gli aiuti degli alleati, le flotte, i servizi logistici; eppure la parte principale la rivendica a sé la Fortuna, come in base a un suo diritto, e qualunque impresa vada a buon fine la ritiene opera quasi tutta sua.

7. Invece questa gloria che ti sei conquistato poco fa, C. Cesare, non la devi spartire con nessuno: tutto questo merito, per quanto grande sia (ed è certamente grandissimo), tutto, lo ripeto, è tuo; di questa gloria, non c'è centurione, prefetto, coorte, squadrone che rivendica una parte per sé, e perfino la stessa nota signora delle vicende umane, la Fortuna, non si fa avanti per aver parte di questa gloria: cede davanti a te, ammette che essa è interamente di tua esclusiva proprietà. Infatti l'avventatezza non è mai unita alla saggezza e il caso non è mai ammesso ai consigli della ragione.

8. Tu hai sottomesso nazioni feroci e barbare, innumerevoli nella loro moltitudine, infinite per i loro stanziamenti, ben fornite di ogni genere di risorse; e comunque hai vinto: quelle si trovavano nella condizione naturale per poter essere vinte, perché non esiste una forza tanto grande da non poter esser indebolita e piegata dalla forza delle armi. Ma vincere se stessi, trattenere la collera, perdonare al vinto, non soltanto sollevare l'avversario insigne per nobiltà, ingegno e virtù quando è caduto, ma anche aumentare la sua dignità d'un tempo: se qualcuno si comporta così, io non lo paragono ai più grandi uomini ma lo giudico assai simile a un dio.

9. Pertanto, C. Cesare, le tue note glorie militari saranno sì celebrate dalla tradizione scritta e orale, non soltanto nostra, ma praticamente di tutti i popoli, e nessuna età mai poà pensare di tacere le tue glorie; e tuttavia imprese di tal genere, non so come, anche solo a leggerle, pare che siano sopraffatte dal vociare dei soldati e dal suono delle trombe. Invece, quando noi ascoltiamo o leggiamo che qualche risultato è stato ottenuto con la clemenza, con la mitezza, con la giustizia, con la moderazione, con la saggezza, soprattutto in un momento di collera, che è nemica della riflessione, e nella condizione di vincitore, che per natura è eccessiva e arrogante, da quale entusiasmo non siamo presi, non soltanto di fronte a imprese realmente avvenute ma anche di fronte a quelle immaginarie, al punto di amare spesso persone che non abbiamo mai visto!

10. Ma trattandosi di te, che osserviamo qui fra noi e di cui vediamo bene il pensiero, i sentimenti, l'espressione, che esprimono la tua volontà di mantenere intatto tutto quello che della repubblica hanno lasciato le vicende della guerra, con quali lodi non ti celebreremo, con quale ardore non ti circonderemo, con quale affetto non ti ameremo? In nome di Dio, le pareti di questa curia mi pare che desiderino ardentemente ringraziarti, pensando che fra breve quel cittadino autorevole sarà qui, fra questi seggi, che sono stati dei suoi antenati e suoi.

[IV] Davvero mentre osservavo poco fa insieme a voi le lacrime di C. Marcello, uomo irreprensibile e animato da un amore fraterno esemplare, ha inondato il mio cuore il ricordo di tutti i Marcelli: a costoro, anche in morte, tu hai restituito la loro dignità graziando M. Marcello e hai praticamente salvato dall'estinzione una famiglia nobilissima ridotta ormai a pochi membri.

11. A buon diritto allora tu poni il fatto di oggi al di sopra dei solenni e innumerevoli rendimenti di grazie che hai ricevuto. Infatti questo gesto è proprio del solo C. Cesare; le altre imprese sono sì state compiute sotto la tua guida, e si atta certo di grandi imprese: ma erano con te tuttavia numerosi e bravi collaboratori. Di questa azione invece tu sei nel contempo capo e collaboratore: ed essa è tanto grande che il tempo potrà metter fine ai tuoi trofei e ai tuoi monumenti ,non esiste infatti nessun prodotto della mano dell'uomo che il passar del tempo non consumi e distrugga:  12. ma la giustizia e la mitezza che hai mosato oggi fioriranno ogni giorno di più, così tutto ciò che il tempo sotarrà alle tue gesta, lo aggiungerà alla tua gloria. E’ vero, tu avevi vinto con la tua equità e la tua clemenza i vincitori di tutte le altre guerre civili: oggi però hai vinto te stesso. Temo che queste mie parole non possano essere intese da voi che le ascoltate così come io le concepisco nella mia mente: mi pare che tu abbia vinto la stessa vittoria nel momento in cui hai restituito ai vinti ciò che essa aveva loro tolto. Infatti, quando in base al diritto proprio della stessa vittoria noi tutti, che siamo stati sconfitti, secondo le convenzioni eravamo morti, siamo stati graziati per decisione della tua clemenza. Corretto dunque chiamare invitto soltanto colui che ha sconfitto del tutto anche il diritto spietato della stessa vittoria.

13. E considerate, o senatori, le numerose conseguenze di questa decisione di C. Cesare. Infatti noi tutti che a quella guerra siamo stati spinti da non so quale destino infelice e avverso per la repubblica, anche se ci riconosciamo colpevoli di un errore umano, siamo stati almeno prosciolti dall'accusa di tradimento. Quando infatti egli ha restituito M. Marcello alla repubblica grazie alla vostra intercessione, quando ha restituito me a me stesso e alla repubblica senza l'intercessione di nessuno e quando ha ridato gli altri uomini facoltosi a loro stessi e alla patria (li potete vedere, numerosi e autorevoli, proprio in questo consesso), non ha ammesso nella curia dei nemici, ma ha giudicato che la maggioranza aveva intrapreso la guerra cono di lui per ignoranza e per un timore falso e infondato, non per ambizione o per crudeltà.

14. E in questa guerra appunto ho sempre pensato che si dovesse ascoltare chi parlava di pace, e mi sono sempre addolorato perché ci si rifiutava non soltanto di fare la pace, ma anche di ascoltare i cittadini che chiedevano a gran voce la pace. Io non ho mai partecipato a quella guerra civile e nemmeno a qualche altra, e le mie risoluzioni sono sempre state a sostegno della pace e della vita civile, e non della guerra e della discordia. Sono stato al seguito di quell'uomo per devozione personale, non per obbligo politico, e in me fu così vivo il ricordo costante della mia gratitudine da correre incontro, con piena consapevolezza per così dire, a una rovina volontaria, senza ambizione alcuna e per di più senza alcuna speranza.

15. E di certo questo mio intendimento non fu per nulla nascosto: in questa assemblea, quando la situazione non era ancora precipitata, io ho parlato a lungo della pace e perfino durante la guerra la pensavo allo stesso modo, anche col rischio della mia vita. Di conseguenza nessuno vorrà considerare i fatti in modo tanto parziale da non sapere ancora bene quali siano state le intenzioni di Cesare sulla guerra, dal momento che ha pensato subito di dover graziare i fautori della pace, ma si è dimostrato piuttosto risentito nei confronti degli altri. E questo suo proposito poteva forse sembrare non troppo sano allora, dato che l'esito della guerra pareva incerto e alterne le vicende: in realtà chi da vincitore apprezza i fautori della pace, costui sicuramente dimostra che avrebbe preferito non combattere piuttosto che vincere.

16. E questo atteggiamento io lo posso testimoniare in M. Marcello, dal momento che le nostre intenzioni in pace sono sempre state in sintonia, ma anche allora in guerra lo erano. Quante volte e con quanto dolore l'ho visto temere l'arroganza di ben noti personaggi e anche la crudeltà della vittoria stessa ! E per questo la tua generosità, C. Cesare, inevitabilmente è più gradita a noi che abbiamo visto quegli estremismi: dobbiamo infatti confrontare non già le motivazioni della guerra ma le conseguenze della vittoria.

17. Abbiamo assistito alla tua vittoria, che non è andata oltre la fine dei combattimenti: a Roma non s'è vista una spada sguainata; i concittadini che abbiamo perso li ha colpiti la furia di Marte, non l'ira di chi ha vinto, di modo che nessuno deve dubitare che C. Cesare, se potesse, richiamerebbe molte persone dall'aldilà poiché egli fa di tutto per graziare chi appartiene anche alla schiera nemica. Del partito avversario, invece, non posso dire altro se non che la sua vittoria sarebbe di fatto stata troppo violenta, ed era questo che temevamo.

18. Alcuni infatti minacciavano non soltanto chi era sceso in campo ma talvolta anche chi era al di sopra delle parti e sostenevano che bisognava considerare non quello che ciascuno pensava ma da quale parte stava; al punto che mi sembra proprio che gli dèi immortali ,loro che hanno acceso una guerra civile così imponente e così sanguinosa -, anche se hanno voluto far pagare al popolo Romano il fio per qualche colpa, sia perché ormai placati sia perché finalmente soddisfatti, hanno riposto la speranza di salvezza nella saggia clemenza del vincitore .

19. Pertanto rallegrati per questa tua dote tanto insigne e godi della tua buona sorte e della tua gloria, come pure del tuo carattere e delle tue abitudini: proprio da ciò deriva a chi è saggio il più grande successo e la più grande felicità. Quando tu ricorderai le tue gesta, ti rallegrerai sì molte volte del tuo valore, ma più ancora della tua fortuna ; tutte le volte che penserai a noi, che hai voluto che restassimo insieme a te a far parte della repubblica, penserai ogni volta al bene che hai fatto, alla tua incredibile generosità, alla tua peculiare saggezza: queste virtù non soltanto costituiscono i beni sommi, ma arriverei a dire che sono forse gli unici . Infatti c'è una così grande distinzione nella vera gloria e una così grande dignità nella grandezza d'animo e di intelligenza, che queste doti sembrano un dono del valore, mentre tutte le altre un prestito della sorte.

20. Dunque sii infaticabile nel graziare persone perbene che sono cadute in errore non per qualche particolare ambizione e per malvagità, ma forse per un'insensata valutazione del da farsi, certo non in malafede, e per una loro illusoria idea di stato. Tu infatti non hai nessuna colpa se alcuni hanno avuto paura di te: al contrario è per te grandissimo motivo di gloria il fatto che alcuni hanno capito che non avrebbero dovuto affatto averne.

21. Vengo ora alla tua gravissima lagnanza e al tuo atrocissimo sospetto: a prevenirlo devi essere tu stesso, ma allo stesso modo tutti i cittadini e soprattutto noi che siamo stati graziati da te; e anche se ho la speranza che sia infondato, tuttavia non lo sottovaluterò mai, poiché la tua sicurezza è la nostra sicurezza: e così, se fosse inevitabile commettere un errore in un senso o nell'altro, preferirei sembrare troppo timoroso piuttosto che poco prudente. Ma chi mai è questo attentatore così fuori di sé? Uno dei tuoi, per quanto chi è tuo più di coloro a cui tu hai restituito la vita quando ormai non lo speravano più? O uno di quel gruppo che fu dalla tua parte? Non è plausibile in nessuno una follia tale da non fargli porre al di sopra della propria vita quella di colui al seguito del quale ha ottenuto ogni più grande bene. Dunque, se i tuoi non amano nessun delitto, bisogna guardarsi che non lo facciano gli avversari? Ma chi? Tutti quelli che lo sono stati o hanno perso la vita per la loro ostinazione o l'hanno avuta salva per la tua clemenza; e così o di avversari non ce ne sono più o, quelli che lo sono stati, ora sono i tuoi migliori amici.

22. Tuttavia, dal momento che nell'animo umano ci sono cosi grandi segreti tanto nascosti, lasciamo pure crescere il tuo sospetto: nello stesso tempo infatti faremo crescere il numero di chi vigila. Infatti chi di noi tutti è così lontano dalla realtà, così inesperto di politica, così per nulla preoccupato della propria salvezza e di quella pubblica da non capire che la propria salvezza è tutt'uno con la tua e che dalla vita di te solo dipende quella di tutti? Da parte mia, pensando a te giorno e notte, com'è doveroso, comincio a temere per lo meno le vicende dell'uomo, le tue mutevoli condizioni di salute, la fragilità della natura umana e sono addolorato per il fatto che, mentre la repubblica deve essere immortale, essa si basa sulla vita di una sola persona mortale.

23. Se poi alle vicende umane e al mutevole stato di salute aggiungiamo anche l'accordo criminale per ucciderti, quale dio crediamo che, anche volendo, potrebbe aiutare la repubblica? [VIII] Tu soltanto, C. Cesare, devi risollevare tutto quanto ti rendi conto che, per l'effetto devastante della stessa guerra, giace a terra completamente abbattuto, come era inevitabile che avvenisse: devi riordinare l'amministrazione della giustizia, ristabilire il credito, frenare il malcostume, favorire l'incremento demografico, ristrutturare con leggi severe tutte le istituzioni che sono ormai decadute e andate in rovina.

24. Non sarebbe stato possibile evitare che, in una così grande guerra civile, in un così grande fermento di passioni e di armi, la repubblica uscisse sconvolta e perdesse ,qualunque fosse stato l'esito della guerra ,molti ornamenti del suo prestigio e molti sostegni della sua stabilità, e nemmeno che entrambi i comandanti durante la guerra si comportassero in molti casi come poi in pace avrebbero proibito di fare. A tutte queste ferite di guerra dunque spetta a te ora rimediare: nessuno, al di fuori di te, può prescriverne la cura.

25. Di conseguenza ho ascoltato malvolentieri quella tua affermazione piena di dignitosa saggezza: "Ho vissuto abbastanza sia rispetto ai miei anni sia rispetto alla mia gloria". Se proprio lo vuoi, hai vissuto abbastanza forse rispetto agli anni, aggiungiamo pure rispetto alla gloria, se lo desideri: ma di certo troppo poco rispetto alla patria, che è ciò che più importa. Per questo motivo lascia da parte ,ti prego , questa saggezza da filosofo nel disprezzare la morte: non essere un sapiente a nostre spese! Spesso infatti è arrivato alle mie orecchie che tu vai ripetendo troppo di frequente questa medesima frase: che hai vissuto abbastanza per te. Credo che tu lo pensi davvero: ma io ti darei retta soltanto se tu vivessi per te solo o se tu fossi nato ancora per te solo. Invece le tue imprese ti hanno legato alla salvezza di tutti i cittadini e all'intera repubblica; e sei tanto lontano dal completamento delle tue opere più importanti che non hai ancora gettato le fondamenta che hai in animo di gettare. A questo punto tu vuoi limitare la durata della tua vita, tenendo conto non della salvezza della repubblica ma della serenità del tuo animo? E se io dicessi che tutto ciò non è sufficiente neppure per la gloria? Non negherai che, nonostante la tua saggezza, questa è una cosa cui aspiri moltissimo.

26. Tu obietterai: "Lascerò forse opere poco grandi?". Tutt'altro: per gli altri, anche se numerosi, e abbastanza; per te solo è troppo poco, poiché qualunque cosa, per quanto grande sia, risulta piccola quando ce n'è un'altra.più grande. E se questo doveva essere il risultato delle tue imprese immortali, C. Cesare, cioè sgominare gli avversari ma lasciare la repubblica nella condizione in cui si trova ora, fa' in modo ,ti prego , che la tua virtù divina non sia destinata ad avere più ammirazione che gloria, poiché la gloria è l'illustre e generale fama dei grandi meriti sia verso i propri concittadini sia verso la patria sia verso l'intero genere umano.

27. Dunque questa è la parte che ti rimane, ti resta questo atto  in questo ti devi impegnare fino in fondo: organizzare la repubblica e goderne tu per primo in grande tranquillità e pace; quando avrai pagato alla patria il tuo debito e, ormai sazio di vivere, avrai soddisfatto la natura stessa, allora, se vorrai, dirai di aver vissuto abbastanza a lungo. Infatti che cos'è in fondo questo vivere a lungo visto che implica un limite estremo? Quando quest'ultimo è giunto, ogni gioia passata non conta nulla perché non ce ne sarà altra. Nonostante ciò, questo tuo animo non fu mai pago entro gli stretti limiti che la natura ha stabilito alla nostra vita: arse sempre d'amore per l'immortalità.

28. Eppure non bisogna pensare che la tua vita è questa che consta di corpo e anima: la tua, io dico, è quella vita che sarà viva nel ricordo di ogni generazione, che i posteri tramanderanno, che la stessa eternità conserverà sempre. A quest'ultima devi pensare, a quest'ultima ti devi mostrare: essa già da tempo ha molti motivi per ammirarti e ora ne aspetta anche per lodarti. I posteri di certo resteranno stupiti nell'ascoltare e nel leggere i tuoi comandi militari, le province conquistate, il Reno, l'Oceano, il Nilo, le innumerevoli battaglie, le vittorie incredibili, i monumenti, le elargizioni, i trionfi.

29. Ma se questa città non risulterà organizzata stabilmente sulla base dei provvedimenti dettati dal tuo discernimento, il tuo buon nome non farà che vagare in lungo e in largo senza avere una sede fissa e un domicilio stabile. Anche fra chi nascerà dopo di noi, così come è successo fra noi, sarà grande il contrasto, poiché alcuni innalzeranno al cielo le tue imprese, altri forse troveranno che manca qualcosa ,per di più davvero molto importante ,se tu non avrai spento l'incendio della guerra civile donando la salvezza alla patria: sicché la prima sembra opera del fato, la seconda della tua saggezza. Pensa allora a quei giudici che ti giudicheranno fra molti secoli e a dire il vero, con ogni probabilità, in modo più imparziale di noi, perché ti giudicheranno senza affetti e passioni e ancora senza odio e senza invidia. 30. E comunque, anche se questo giudizio allora non ti riguarderà, come a torto pensano alcuni, certamente ora ti riguarda essere tale che nessun oblio possa mai oscurare la tua gloria.

[X] Le aspirazioni dei cittadini furono diverse e le opinioni opposte. Non eravamo divisi infatti perché avevamo diverse soltanto le idee e le passioni ma anche le armi e gli eserciti. C'era una sorta di incertezza, c'era la lotta fra i comandanti più in vista; erano molti quelli che non sapevano quale fosse il partito migliore, che cosa convenisse loro, che cosa fosse dignitoso e alcuni anche che cosa fosse giusto.

31. La repubblica ha portato fino in fondo questa guerra sfortunata e fatale: ha vinto colui che è stato in grado non di infiammare il proprio odio con il successo, ma di mitigarlo con l'equanimità, e che non giudicava tutti quelli contro i quali era adirato passibili, per questo stesso motivo, di esilio o di morte. Le armi da parte di alcuni sono state deposte, ad altri sono state strappate. Ingrato e ingiusto è il cittadino che, anche se liberato dal pericolo delle armi, tuttavia mantiene armato l'animo, così che è anche migliore colui che è caduto sul campo, che ha perso la vita per la propria idea politica. Infatti quello che ad alcuni può sembrare ostinazione, lo stesso atteggiamento ad altri sembra coerenza.

32. Ma ormai ogni contrasto è stato eliminato dalle armi, cancellato dalla giustizia del vincitore : resta soltanto che tutti coloro che hanno non dico un po' di saggezza, ma anche solo un po' di buon senso abbiano un'unica aspirazione. Se tu, C. Cesare, non sei salvo e non perseveri in questo stato d'animo, che hai adottato prima e più che mai oggi, noi non possiamo esser salvi. Per questo motivo tutti noi, che vogliamo che siano salve tutte le cose, ti esortiamo e ti scongiuriamo di provvedere alla tua vita, alla tua salvezza e, poiché tu pensi che si prepari qualche insidia da cui guardarti, tutti noi, fammi esprimere il mio personale convincimento anche a nome degli altri, ti promettiamo non soltanto sentinelle notturne e guardie del corpo ma anche la difesa con il nostro petto e con il nostro corpo.

33. Ma voglio che il mio discorso termini proprio con quel pensiero con cui è iniziato: noi tutti ti ringraziamo infinitamente, C. Cesare, e ti siamo anche più obbligati. Tutti infatti provano lo stesso sentimento di cui hai potuto renderti conto di fronte alle preghiere e alle lacrime di tutti. Ma poiché non è necessario che tutti si alzino a parlare, vogliono senz'altro che a parlare sia io, come in certo senso è inevitabile che succeda  e quello che è giusto che avvenga, comprendo che avviene: M. Marcello è stato grazie a te restituito a questo ordine, al popolo di Roma e alla repubblica. Mi rendo infatti conto che tutti si rallegrano non come se si trattasse della salvezza di uno solo, ma di quella generale.

34. E poi, dato che per tanto tempo quanto si è dubitato della sua salvezza io ho mostrato con la mia ansia, la mia preoccupazione, il mio impegno, il sentimento di un infinito affetto ,e che ci sia stato da parte mia verso di lui tutti l'hanno sempre saputo, al punto che in ciò non ero secondo di certo a nessuno, e a malapena ero secondo a suo fratello C. Marcello, ottima persona e a lui molto legato -, tanto più lo devo mostrare in questa circostanza, visto che sono stato liberato dalle grandi preoccupazioni, dai fastidi, dalle amarezze. Pertanto, C. Cesare, ti rendo grazie; e in tal modo, sebbene io sia stato da te non soltanto graziato sotto ogni riguardo ma anche onorato, con tutto ciò, ai tuoi innumerevoli meriti verso di me solo, si è aggiunto - cosa che ormai non pensavo potesse avvenire - con questo tuo gesto il più degno coronamento.

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Versioni di riferimento: V. Paladini, 1963; M. Olivieri, 1969


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