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INTRODUZIONE
PERCHÉ SI STUDIA IL LATINO?


E' questa la domanda, che quasi puntualmente ogni docente si sente rivolgere dai propri alunni, nel momento in cui sta dando inizio ad un corso di latino in un istituto superiore. Una domanda da non considerare impertinente o inopportuna perché, quasi sempre, o frutto di una conoscenza alquanto superficiale della nostra stessa lingua, l'italiano, che del latino è un discendente diretto, oppure conseguenza di una scarsa conoscenza della storia. Infatti la storia d'Italia, ed in particolare la storia di Roma, registra le tappe compiute dalla civiltà e dalla lingua di Roma, dalla nascita di questa città al suo lento declino.

La lingua latina, come è noto, al culmine della sua diffusione nel mondo antico, rappresentò una vera lingua universale, parlata e scritta da popoli diversi fra loro per stirpe, cultura ed origini. Infatti essa si diffuse entro gli ampi confini costituiti dall'Impero Romano, e ne seguì le varie complesse vicende. Il latino, parallelamente all'espandersi della potenza romana, divenne lingua universale, cioè parlata o compresa da tutti, al punto che un africano poteva benissimo capire un abitante della Gallia, così come, ad esempio, un abitante dell'Europa orientale poteva agevolmente conversare con un cittadino della penisola Iberica.

La lingua, successivamente, subì un lento processo di trasformazione ed evoluzione (fenomeno comune a qualsiasi lingua, sia antica che moderna), legato soprattutto al dissolversi di questo immenso organismo creato dai Romani. Una traccia ben visibile di tale processo rimane tuttora nel patrimonio linguistico di tante lingue parlate e diffuse nel mondo, quali lo spagnolo, il portoghese, il francese e soprattutto l'italiano. Tutte queste lingue, a cui se ne possono aggiungere altre di più limitata diffusione, hanno, dunque una comune origine facilmente avvertibile nel momento in cui se ne esamina un testo scritto e talvolta anche parlando, poiché si ritrovano termini ed espressioni a noi familiari.

Studiare il latino, allora, significa ritrovare le radici comuni di queste lingue. Ma non è tutto qui il valore ed il significato dello studio della lingua: una interpretazione così riduttiva creerebbe la erronea convinzione che il latino interessi solo una ristretta elite di specialisti e studiosi di fenomeni linguistici. Al contrario, esistono motivazioni valide e profonde perché gli studenti si avvicinino con interesse e senza prevenzioni a questa lingua. Fra le tante, desideriamo evidenziarne solo alcune.

Anzitutto va detto che in latino furono scritti tutti i codici, ossia quelle raccolte di leggi che costituiscono la base per la civile ed ordinata esistenza della società, la base insomma, della stessa convivenza umana. Tali leggi rappresentano, tuttora, le fonti del Diritto vigente non solo in Italia, ma in tutto il mondo occidentale; in breve, un punto di riferimento obbligato. Studiare e conoscere le leggi, dunque, equivale a conoscere se stessi, le proprie radici storiche e culturali. Inoltre, è noto che in latino furono scritti tutti i più importanti testi di cultura, di letteratura, di filosofia ecc., testi che hanno trasmesso a noi moderni un inestimabile patrimonio di idee, di cui ancora sentiamo gli effetti.

Ma non è tutto. Lo studio del latino, quando è condotto con amore e sensibilità, diventa una mezzo estremamente efficace per affinare e migliorare la nostra lingua madre. Infatti, quel processo mentale che viene messo in atto ogni qualvolta si affronta un testo latino per tradurlo ed interpretarlo, fa sì che la nostra capacità di esprimerci venga a risentirne positivamente, con un effetto di arricchimento del vocabolario, del lessico e specialmente della proprietà di linguaggio. Effetto, questo, ben noto a chi ha avuto una lunga pratica e dimestichezza con testi latini! In sostanza, non vogliamo, né possiamo attribuire al latino una funzione utilitaristica, mettendolo sullo stesso piano di una qualunque lingua moderna, come strumento quotidiano di comunicazione. D'altra parte intendiamo respingere fermamente l'opinione piuttosto diffusa, secondo la quale il latino "sarebbe" fine a sé stesso, proprio in base a quanto è stato detto sopra.1

Riteniamo, comunque, che gli allievi sapranno valutare l'esatta importanza della lingua, non solo con i ragionamenti altrui, ma anche con la propria esperienza. L'essenziale è che i giovani non siano prevenuti nei confronti della lingua dei nostri padri, ma si accostino ad essa con l'interesse e la curiosità di apprendere, tipica della loro età.


1Una notizia molto curiosa, ma del tutto pertinente al discorso che abbiamo affrontato, è riportato dal Corriere della Sera del Maggio 1995, con un titolo molto significativo: "I giudici non conoscono il latino !" In sostanza si trattava di un grosso equivoco generato dal fatto che i giudici di un tribunale italiano, avendo mal interpretato un certificato medico in cui erano adoperati termini latini, redatto da un medico tedesco in Germania, avevano preso dei severi provvedimenti, ma inopportuni, nei confronti di un testimone trattenuto per causa di una malattia, la cui natura era invece indicata con dei precisi termini latini!

 

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